San Ferdinando, il Comitato 7 Agosto tira le somme Resoconto sullo stato di salute del canalone: "Dalla sua pancia sembra arrivare acqua pulita". Rinnovato l'invito alla magistratura a fare chiarezza mentre il Mesima resta tutt'ora un "problema irrisolto"
di Giuseppe Campisi
San Ferdinando – A quasi un anno dall’esplosione della vicenda nota come il “canalone dei veleni” il Comitato 7 Agosto – promotore della battaglia per la bonifica di quello che in origine era destinato ad essere un incavo per raccolta di acque bianche del consorzio Asi e del porto di Gioia Tauro – ha inteso tirare le somme e lo ha fatto attraverso una nota tesa a rendicontare il lavoro svolto e le criticità ancora da superare.
«Possiamo dire che dopo mesi di battaglia qualche risultato è arrivato. Dalla “pancia” del canalone sembra arrivare acqua pulita. Esattamente dal 20 marzo secondo i nostri monitoraggi. In quel periodo si è svolta una conferenza di servizi che ha preso atto di quanto era stato fatto per eliminare le cause dell’inquinamento».
Una battaglia di civiltà e di salvaguardia del territorio oltre che per la salute e dell’ambiente a vantaggio di tutti i cittadini del comprensorio atteso che era stato riscontrato lo sversamento in mare di liquami contenenti sostanze altamente nocive e cancerogene come metalli pesanti e derivati de petrolio. «Noi, in silenzio e con l’aiuto di altri cittadini, ci siamo sporcati le mani nel vero senso della parola – è stato il commento dei componenti il Comitato -.Abbiamo fornito fondamentali dritte alle varie istituzioni coinvolte. Alla fine ci siamo riusciti. Grazie al lavoro sporco sono stati individuati i pozzetti nei quali venivano sversate sostanze nocive.
Dalla prima area industriale e dai piazzali del porto qualcuno, per troppo tempo indisturbato, ha pensato bene di disfarsi di quello che doveva fare in modo diverso (contrariamente alla tesi sostenuta dall’assessore regionale all’ambiente Antonella Rizzo secondo la quale gli sversamenti sarebbero avvenuti alla foce, indotta in errore dai tecnici dell’Autorita’ portuale e della Iam)».
Errori, dimenticanze, sviste, omissioni, ed il rischio concreto di disastro ambientale pendente sull’area interessata su cui «sappiamo essere in corso indagini delle forze dell’ordine e della magistratura sulle quali noi abbiamo fiducia e dalle quali ci aspettiamo risposte» riprende il Comitato richiamandosi all’indagine ancora in corso presso la Procura di Palmi. Anche se ancora, sottolineano, «mancano altri tasselli che dovrebbero essere inseriti come la vigilanza a protezione della foce e la realizzazione delle vasche di decantazione da installare entro l’anno giusto impegno preso dal Corap (ex Consorzio Asi)».
Ma un ringraziamento il Comitato lo ha voluto devolvere all’amministrazione comunale «perché ha messo in cima alle sue attività la risoluzione del problema canalone e anche il Corap che sta seguendo la vicenda. Dobbiamo però ricordare al Comune di non abbassare la guardia e di procedere con tutto quello che è di sua competenza. Non ci si può fermare sul più bello. Noi continueremo – incalzano dal Comitato – a monitorare, denunciare e sensibilizzare tutti gli enti. Abbiamo portato avanti anche un lavoro silenzioso ma che è stato utile per superare l’emergenza».
In attesa che vengano realizzati i lavori di pulizia straordinari come promesso dalla Regione, i componenti del Comitato puntano il dito sul Mesima definendolo un vero «problema irrisolto» esplicitando, in ogni caso, di non volere mollare la presa essendo sempre pronti alla protesa «contro tutto e tutti».