Sanità, il grido di don Demasi al commissario Scura Una lettera in occasione della Giornata mondiale dell'ammalato per sensibilizzare il commissario al piano di rientro ad andare oltre i calcoli ragioneristici
di Giuseppe Campisi
Polistena – “Gentilissimo Ingegnere Scura, sono un sacerdote della Piana di Gioia Tauro, Parroco a Polistena. Chiedo scusa se vengo ad “importunarla”. Ma mi sento in dovere di farlo, come cittadino, come credente e come Sacerdote, impegnato in questo territorio”. Questo l’incipit dell’accorata lettera che don Pino Demasi, referente di Libera per la Piana di Gioia Tauro e sacerdote impegnato in prima linea, ha voluto indirizzare a Massimo Scura il commissario ad acta che, da quasi due anni, tiene in mano le chiavi della sanità calabrese.
Un testo che – richiamandosi alle drammatiche richieste d’aiuto del territorio contestualizzato nel corso della celebrazione della venticinquesima ricorrenza della Giornata mondiale dell’ammalato, lo scorso 11 febbraio – non ha mancato di porre l’accento sulle condizioni assai precarie del sistema sanitario calabrese nel suo insieme. Scrive don Pino: “Ad essere interpellate sono le Istituzioni dello Stato, ad ogni livello, centrale e periferico. Anche perché il diritto alla salute è uno dei diritti fondamentali del cittadino, sancito dalla Costituzione del nostro Paese e le Istituzioni hanno il dovere di tutelarlo, anche in questa Regione ed in questo territorio della Piana, dove non poche strutture ospedaliere sono fatiscenti e da quarto mondo e dove la sanità sembra essere la prima ammalata cronica”.
Dunque la sanità che non sana e che non cura ma che, paradossalmente, risulta essere la prima ammalata cronica di un sistema fragile e lacunoso già terreno di conquista e di razzia per anni e per tanti che ne hanno abusato impropriamente in danno all’intera collettività. Allora ecco che, secondo il presule, non può essere il bilancio la prima (e la sola) preoccupazione della politica e dell’azione dello stesso commissario Scura quanto “garantire a tutti il diritto alla salute” in primis come dovere morale. “Mi rendo conto – prosegue don Demasi – della situazione che ha ereditato e che certamente non è addebitabile a lei, ma piuttosto a predatori incoscienti e spesso di casa nostra e a chi non ha svolto il proprio dovere di vigilanza” riconoscendo al funzionario la gravosità di un compito eluso dalla politica “ma dopo tanti anni – è il monito del sacerdote – non si può continuare nella strada intrapresa di arrovellarsi intorno a calcoli di tipo ragionieristico e di bilancio.
Il diritto alla salute non può essere disatteso in ossequio, me lo permetta, ad una pur giusta, ma spesso strumentale “lotta agli sprechi”, tesa unicamente al continuo smantellamento di presidi sanitari essenziali e di posti letto necessari e previsti per il territorio”. Parole dirette e chiare che più volte anche i territori ed i movimenti ad esso collegati voluto indirizzare all’ufficio del commissario Scura impegnato, non senza polemiche, nella riorganizzazione del sistema sanitario calabrese. Quindi l’invito: “Venga un giorno da semplice cittadino, in incognito.
Si fermi, per esempio, nell’androne del Pronto Soccorso di Polistena o salga a fianco all’autista su di un’autoambulanza. Si renderà certamente conto allora di come il diritto alla salute in questo territorio sia semplicemente una chimera, nonostante i sacrifici eroici e la professionalità della stragrande maggioranza degli operatori sanitari”. Una provocazione schietta girata alle stanze del potere per fare toccare con mano lo stato dell’arte della “sanità” calabrese, con una visione diretta delle difficoltà quotidiane ma anche delle tante storie di sofferenza che attanagliano, del silenzio e nella disperazione, decine di famiglie.
“Sarò lieto di starle a fianco in questa sua “visita privata” e se me lo permetterà, le farò anche incontrare alcune famiglie ridotte alla povertà economica in seguito ai cosiddetti “viaggi della speranza” di un loro familiare gravemente ammalato. Dopo questa visita non so se ritornerà nel suo ufficio o se andrà immediatamente a Roma a dare le dimissioni, perché – conclude don Demasi – son convinto che anche lei ha un cuore di carne e che anche lei, più di me, è certo che la lotta alle mafie passa necessariamente per la strada della tutela dei diritti”.