Come per tutti i comuni mortali, può capitare che anche gli avvocati non sappiano a che santo votarsi, specie oggigiorno che venuta meno l’oratoria di un tempo, tra patteggiamento e giudizio abbreviato, la parola declamata ha perduto molto dell’antico fascino.
Nonostante ciò, non v’è da escludersi l’eventualità che, l’avvocato per superare quel naturale tremore insito in alcuni importanti processi, non esiti ad implorare Sant’Ivo, patrono “delli advocati causidici et scrivani”.
Venerato nella città di Torino, fu proprio nella sua patria piemontese che Sant’Ivo si scoprì la vocazione a patrocinare gratuitamente i poveri nelle complicate cause della giustizia terrena.
Comprensibilmente una persona con simili benemerenze appena trapassato assurse nel Cielo Paradisiaco con l’aureola di Santo.
Ma qui si narra un’antica leggenda.
Sant’Ivo giunto in Paradiso e riscontrando giardini di delizie e sconfinati viali costeggiati da ombrosi alberi rifioriti, ove regnava una pace sovrana estasiata dalle beatitudini che articolavano gli sconfinati spazi, si trovò subito a disagio.
Abituato alle battaglie del Foro, quella forzata inerzia lo rendeva inutile e inappagato ed anzi veniva alimentata dai visi ascetici e serafici degli abitanti del luogo, i quali gli davano la matematica certezza che nessuna causa avrebbe patrocinato per l’eternità.
Approfondendo, comunque, alcune situazioni che gli si paravano dinanzi, credette di scoprire che anche in Paradiso, per mera svista e giammai con dolo, il Padreterno aveva fatto un torto a San Giovanni Evangelista, affidando a San Pietro le chiavi del Celeste Impero.
Dominato da questo fuoco di giustizia e trovando l’occasione d’incontrare San Giovanni, lo persuase sulla vittoriosa riuscita della causa contro San Pietro facendosi repentinamente firmare il ricorso e la relativa procura divina.
Sant’Ivo, quindi, presentò l’atto di imputazione al Tribunale Celeste, dove il Signore giudice massimo, iscritta immediatamente la causa a ruolo con l’ausilio del santo cancelliere, dichiarò aperta l’udienza.
Ottenuta la parola Sant’Ivo si mise a tessere la difesa di San Giovanni, con una passione alimentata da un tale ardore che avrebbe fatto piangere qualsiasi giudice terrestre e concludendo tra gli applausi dei santi presenti in aula.
Giunto il turno della arringa difensiva dell’avvocato della parte avversa, il santo usciere abilitato ad introdurlo in aula fu prevenuto da San Pietro il quale, sconfortato riferì al Signore che nonostante le approfondite ricerche effettuate, in Paradiso all’infuori di Sant’Ivo non c’era altro avvocato.
Il Signore, giudice supremo, stante la mancanza di un difensore che patrocinasse la causa di San Pietro, rinviò la causa “sine die”, in attesa che giungesse in Paradiso altro avvocato disposto a difendere San Pietro, ma raccomandando sottovoce al Santo con le chiavi di non aprire il portone divino a nessun avvocato.
Da quel giorno, la consegna ordinata dal Signore a San Pietro, fu osservata così rigorosamente che, la Grande Porta del Paradiso restò sempre chiusa a chiunque inconsapevolmente si dichiarasse avvocato.