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TAURIANOVA (RC), LUNEDì 25 NOVEMBRE 2024

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Saracena, il borgo calabrese dove La Sinistra è al 40% Le parole di Luigi Pandolfi: "Il dato dimostra che solo il radicamento territoriale e la credibilità delle persone potranno rilanciare la sinistra in Italia"

Saracena, il borgo calabrese dove La Sinistra è al 40% Le parole di Luigi Pandolfi: "Il dato dimostra che solo il radicamento territoriale e la credibilità delle persone potranno rilanciare la sinistra in Italia"
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di Domenico Latino

La Sinistra, la lista della sinistra radicale che in Europa faceva riferimento al Partito della Sinistra Europea, il 26 maggio si è fermata ad un misero 1,7%. “Disastro”, questa è la parola che circola maggiormente in queste ore, anche tra i suoi principali esponenti, a proposito di un risultato ben al di sotto di ogni pessimistica previsione della vigilia. Giù all’inferno, dietro ai Verdi, di pochi decimali sopra la lista dei comunisti di Marco Rizzo.

Non c’è da meravigliarsi, allora, se il risultato che questa lista ha conseguito a Saracena, borgo della provincia di Cosenza ai piedi del Pollino di quasi quattromila abitanti, sia rimbalzato sui media nazionali e stia facendo molto discutere in questi giorni sui social network. Qui, infatti, La Sinistra ha sfiorato il 40% dei voti (38,4%, per la precisione), una percentuale da capogiro, la più alta d’Italia per la compagine che teneva insieme Rifondazione comunista, Sinistra Italiana e gli eredi dell’Altra Europa con Tsipras. “Saracena la nuova Stalingrado d’Italia”, “la sinistra riparta da Saracena”, “ci trasferiamo tutti a Saracena”, “chiedo asilo politico a Saracena”. Sono solo alcune delle frasi che si possono leggere in queste ore nei post e nei commenti su Facebook, sulle bacheche di militanti della sinistra sparsi per l’Italia che nel risultato di Saracena trovano una ragione per andare avanti.

Ma c’è una spiegazione, sebbene non la sola. Di Saracena è Luigi Pandolfi, uno dei candidati della lista nella circoscrizione meridionale. Volto noto della sinistra calabrese, giornalista e saggista, collaboratore de Il Manifesto, da alcuni anni animatore, proprio nel suo paese, di un movimento, Saracena in Comune, che alle scorse elezioni amministrative, svoltesi l’11 giugno del 2017, ha mancato per poco l’obiettivo della conquista del municipio.

“Saracena in Comune – si legge sulla pagina Facebook del sodalizio – è un movimento di cittadini che credono nel valore della democrazia partecipativa, dal basso, per il rilancio della vita sociale, culturale ed economica della Comunità. Trasparenza, lavoro, cultura, solidarietà, integrazione territoriale e beni comuni sono i pilastri del suo progetto politico. Paesi interni come Saracena sono ormai a rischio spopolamento e desertificazione economica. Solo una rete delle intelligenze, delle esperienze e dei saperi potrà salvarli”.

Un laboratorio politico, con sede stabile e decine di iscritti, che fin dalla sua nascita ha cercato di coniugare battaglie locali con campagne politiche e culturali di respiro nazionale ed europeo. Dalle buche sulle strade al Venezuela di Maduro. Locale e globale, insomma. Non a caso lo slogan della lista delle amministrative era “per una Saracena europea e mediterranea”.

Il fatto che ci fosse un candidato locale, però, non può essere la sola spiegazione di questo risultato. Quanti “candidati locali” c’erano in questa lista ( e nelle altre liste)? Verrebbe da dire che, in fondo, tutti i candidati sono a loro modo “locali”: un paese, una città di provenienza e di residenza ce l’hanno tutti. Evidentemente qui hanno giocato anche altri fattori, legati alla storia del candidato e al lavoro politico che in quella realtà è stato fatto negli anni.

“Il dato di Saracena – dice luigi Pandolfi – dimostra che solo il radicamento territoriale e la credibilità delle persone, insieme a programmi che sappiano interpretare e rappresentare i bisogni reali dei ceti popolari, potranno rilanciare la sinistra politica in Italia. Per me, un’altra attestazione di stima da parte di una comunità alla quale sono profondamente legato. Penso che con un’affluenza maggiore il consenso sarebbe stato addirittura più largo, sia in voti assoluti che in percentuale. Il risultato complessivo della lista è stato invece disastroso, nonostante l’impegno e la generosità di tanti compagni e tante compagne che hanno accettato di mettere la propria faccia in una battaglia difficilissima. Paghiamo anni di divisioni, di ripiegamenti autoreferenziali, ma anche l’appeal che negli ultimi giorni di campagna elettorale ha avuto l’appello al voto utile da parte del Pd. Che poi tanto utile non è stato, visto che Salvini sta al 34%. Ma tant’è. Bisogna cambiare tutto, partendo dal basso”.