Scuola, anche una “manata” è abuso dei mezzi di correzione Confermata dalla Cassazione la condanna di un professore
Non è mai stato facile il mestiere dell’insegnante, ma forse oggi lo è ancor di più con la crescita del fenomeno del bullismo e della graduale tendenza ad un’educazione sempre meno rigorosa da parte delle famiglie. Certo è, che è sempre eccessivo il ricorso a qualsiasi strumento correttivo violento, perché al di là delle conseguenze fisiche, a volte neanche visibili, può causare turbamenti psichici nei confronti dello studente che possono essere anche duraturi ed essere suscettibili di sanzione penale.
E’ questo, in sostanza il caso preso in considerazione dalla Corte di Cassazione con la sentenza 3801/17 depositata il 25 gennaio che ha confermato la condanna per il reato di abuso di mezzi di correzione nei confronti dell’insegnante, autore di rimproveri, ingiurie e pacche sulla schiena ai danni dei suoi alunni. I giudici della sesta sezione penale, hanno infatti, hanno rigettato il ricorso di un professore che era stato condannato dalla Corte di appello a un mese di reclusione per abuso di mezzi di correzione. La vicenda traeva origine da una “manata” che sarebbe stata inferta dal professore nei confronti di uno studente e che era stata contestata dalla difesa del primo, in quanto ritenuto un fatto di scarsa rilevanza al fine dell’integrazione del reato in questione, stabilito dall’articolo 571 del codice penale.
Per gli ermellini, la decisione della Corte territoriale che con «sintetica ma puntuale ricostruzione del complesso delle condotte contestate (rimproveri, ingiurie, offese verbali, grida, pacche sulla schiena, strattonamenti per la maglia, lancio di un banco) ha assolto al compito di fornire adeguata ed esauriente motivazione della sussistenza dei requisiti del reato contestato». Va, infatti, ricordato che in tema di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina, rileva la nozione di malattia non solo fisica ma anche della mente, di portata più ampia di quelle concernenti l’imputabilità o i fatti di lesione personale, estendendosi fino a comprendere ogni conseguenza rilevante sulla salute psichica del soggetto passivo, dallo stato d’ansia all’insonnia, dalla depressione ai disturbi del carattere e del comportamento».
Insomma per Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti [1]”, tempi sempre più duri per gli insegnanti, che tra precarietà, classi pollaio e stipendi bassi, non devono mai dimenticare che hanno l’obbligo morale, oltreché giuridico di non perdere mai le staffe.