Sensibilizzazione sugli incidenti in spiaggia Capriola in acqua e tuffi possono portare alla paralisi
La moda del tuffo proibito imperversa questa estate. Si sale su un cavalcavia, su
uno scoglio e ci si butta di sotto, oppure dalla riva qualcuno è tanto pazzo da
tuffarsi in acqua con una capriola magari facendosi immortalare dal cellulare degli
amici che lo assistono. D’estate quasi ogni giorno vedi qualche ragazzo che sfida
la sorte buttandosi in acqua senza aver prima valutato il fondale e cercando di emulare
i professionisti, senza esserlo. Tra gli impavidi c’è qualche ventenne, ma per
la maggior parte si tratta di adolescenti, che per spavalderia e esibizionismo non
temono di mettere in pericolo la loro vita. Da giovani ci si tuffa e basta, senza
pensarci due volte senza valutare che il rischio è alto e latente. In Italia ogni
anno circa 1.500 persone si fratturano la colonna vertebrale con conseguenza la paralisi,
di cui sono 60 quelle che ogni estate rischiano di rimanere a vita su una sedia a
rotelle per un tuffo. L’età media di chi subisce un grave trauma è tra i 10 e i
40 anni. Il danno al midollo spinale può essere improvviso, causato da incidenti
che comprimono la spina dorsale e il midollo. Le cause più comuni sono incidenti
stradali, sul lavoro, sportivi, ma soprattutto tuffi in fondali poco profondi. Gli
incidenti da tuffo sono un fenomeno sconosciuto, eppure risultano essere la seconda
causa di tetraplegia in Italia, dopo gli incidenti stradali. Spesso il trauma è
grave, e il 69% dei ricoverati risulta in seguito essere tetraplegico. Lo ripeteremo
sino alla noia,perché quando ci si introduce in acqua sia che si tratti di mare,
lago, fiume o piscina è sempre bene fare molta attenzione altrimenti si rischia
di passare conseguenze gravissime se non letali. A porre la questione sul “rischio
tuffi” è Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti [1]” che
consiglia di non sottovalutare i rischi connessi, troppo spesso determinati da negligenze,
imperizie, distrazioni, ma anche da un certo esibizionismo che ci fa trascurare le
più elementari regole dell’approcciarsi ai liquidi. Il problema essenziale é quindi
anche di natura culturale ed educativo, perché sono soprattutto i giovani ad essere
predisposti e a gareggiare in abilità quasi sfidandosi a chi salta dal punto più
in alto o a chi riesce a fare le acrobazie più ardite senza alcuna preparazione
tecnica se non quella accumulata con tentativi precedenti andati fortunatamente bene.
Bene, perché troppo spesso si sottovaluta una questione fisica inoppugnabile: il
pelo dell’acqua se non infranto rompendone preventivamente la tensione molecolare
superficiale é un vero e proprio muro su cui ci si va a sbattere con conseguenze
mai prevedibili che, come ripetuto, possono diventare drammi e portare sino alla
tetraplegia e all’annegamento se si perde i sensi e si sta troppi istanti nell’acqua
senza riprender fiato.É bene, infatti, per innalzare l’attenzione di tutti, ed anche
di quanto accade nelle piscine pubbliche e private durante la stagione invernale,
ricordare che i tuffi risultano statisticamente essere tra le cause principali di
tetraplegia e di danni alla colonna vertebrale e che la sottovalutazione delle conseguenze
é tra le principali cause di queste gravi lesioni tra i principianti e tra chi si
improvvisa tuffatore. In ultimo, facciamo presente che i proprietari e i gestori
delle piscine possono essere responsabili dei danni subiti dai bagnanti quando non
gli informano correttamente e adeguatamente circa i pericoli conseguenti alla balneazione
e quindi ai tuffi. Ad ogni modo ricordiamo che le misure di prevenzione più efficaci
le portiamo dentro di noi: sono il buon senso e la conoscenza dei propri limiti.