Simone Marafioti: “Nicola Irto è la scelta migliore per una coalizione larga e progressista, ma il PD calabrese deve guarire. “ Il nostro è un partito diviso e profondamente autoreferenziale, dedito purtroppo più alle riunioni di corte che alle assemblee pubbliche, vittima delle correnti e del peso della responsabilità
La dichiarazione rilasciata da Nicola Irto a l’Espresso – nella quale annuncia il suo ritiro dalla competizione elettorale che lo vedeva come candidato alla presidenza della Regione – ha sollevato un polverone nazionale che ora sembra diradarsi, o meglio, pare stia nascondendo sotto il tappeto tutta la polvere che precedentemente sembrava stesse per “stanare” eventuali colpevoli, provocando un terremoto politico utile per la ricostruzione del Partito Democratico calabrese, pronto non solo ad affrontare l’imminente sfida elettorale, ma anche ad intraprendere un lento e costante percorso di guarigione.
Quella di Nicola è stata una scelta coraggiosa, a tratti anche rischiosa, ma che certamente ha attenzionato gli organi nazionali del Partito, i quali nell’immediato si sono attivati per riequilibrare una situazione che stava per implodere, nel silenzio generale, a discapito dei calabresi. Le parole utilizzate da Nicola Irto nei confronti del suo stesso Partito sono parole molto dure, un attacco diretto ad un sistema definito “Feudale”, che non permette la crescita, ostacolando il rinnovamento della classe dirigente. Nelle sue parole ho notato molte delle piaghe di cui effettivamente soffre il PD calabrese e che noi, sezione locale di Taurianova, denunciamo da tempo. Ferite che negli anni non hanno fatto altro che moltiplicarsi, infettando apparati, amministrazioni ed interi gruppi dirigenti. Mancando una vera e propria struttura partitica da ben sette anni, non è stato possibile trovare una cura univoca, utile a guarire.
Il nostro è un partito diviso e profondamente autoreferenziale, dedito purtroppo più alle riunioni di corte che alle assemblee pubbliche, vittima delle correnti e del peso della responsabilità che spesso si trascina. Da anni, ogni azione politica promossa da dirigenti e Consiglieri regionali, anche se compiuta nell’interesse esclusivo dei cittadini, non potendo ricondursi ad una qualsivoglia precedente discussione con una struttura partitica regionale o provinciale, come può definirsi legittima? Chi ha parlato, o parla ancora a nome del PD in Calabria, con quale legittimità lo fa?
Nella mia provincia il PD è un partito retto solo ed esclusivamente dalla forza dei suoi militanti, dalle sezioni locali, uniche vitali arterie che fanno sopravvivere l’intero organismo. Ciononostante, il PD calabrese sembra sempre chiudersi nei soliti referenti che discutono e decidono le sorti di un’intera comunità democratica, lontani dai territori di cui dovrebbero essere rappresentanti e di conseguenza lontani dai suoi più virtuosi e leali sostenitori, i cittadini. Non ultima la venuta di Boccia e le diatribe a mezzo stampa che hanno infiammato il dibattito. Ritengo corretti sia i contenuti che le finalità, esprimo soddisfazione per l’esito dell’incontro, ma critico l’atteggiamento tenuto e la scarsa inclusione in tal contesto delle realtà partitiche territoriali.
Bisogna abbandonare le ancestrali pratiche politiche che ci hanno avvelenato, coscienti che gli elettori preferiscano sposare i progetti, non le singole personalità, perché liberi da logiche correntizie.
In tal senso ho apprezzato il discorso d’insediamento del segretario Enrico Letta, il quale ha parlato di inclusività e crescita, di una cura per i problemi endemici del nostro partito. Progressisti nei valori, riformisti nel metodo e radicali nei comportamenti. Un nuovo PD insomma, improntato al cambiamento, che mai dovrà scindere “l’anima ed il cacciavite”, metafora di riferimento dell’intero nuovo corso che va delineandosi.
Eppure, in Calabria – nella fattispecie nella provincia di Reggio Calabria – non è così. Il teatro elettorale aveva messo in secondo piano ciò che è, in realtà, prioritario, prima dei candidati e prima delle coalizioni, ossia valutare lo stato di salute del Partito e trovarne una cura, valorizzando chi a questo continua a dare dignità, allontanando tutto ciò e tutti coloro che, in qualunque modo, possano inquinarne l’indirizzo politico già compromesso. Bisogna ripartire dal Partito, legittimando i candidati ed i dirigenti dal basso, dalle sezioni, tramite assemblee larghe e partecipate, per avere la forza e la consapevolezza di sostenere ogni scelta.
Apprezzo l’opportunità data da Boccia a Nicola Irto di prendere parte alle consultazioni con l’ex Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, auspicando la costruzione di una coalizione larga che abbracci tutto il campo progressista, anche attraverso le primarie, strumento utile ad azzerare ogni possibile deriva o tatticismo. Ma penso anche che questo, seppur interpretabile come un passo in avanti nei nostri confronti, da solo, non basti. Adesso che, a seguito delle parole di Irto – e del centrosinistra che si ricompatta attorno al suo candidato – si parla a livello nazionale della Calabria, bisogna però che il PD parli con i calabresi, senza leaderismi o autoreferenzialità, per costruire quel Partito sano che manca da tempo e che con responsabilità e consapevolezza vuole proporsi alla guida della Regione.
Tra una destra incapace e pericolosa ed uno schieramento confuso e populista, il PD calabrese deve ergersi al di sopra delle ambiguità per delineare il futuro politico della Calabria e del Partito stesso.
Simone Marafioti – Capogruppo Partito Democratico Taurianova