Spiritualità e politica nel libro di mons. Francesco Savino Recensione dell'opera di don Leonardo Manuli
Quando si affrontano argomenti come la politica si corre il duplice rischio di cadere nel pessimismo e nel generalizzare, scadendo nella retorica. A renderla “invisa” sono gli uomini e le donne chiamati dal popolo alle responsabilità istituzionali, non sempre svolti in maniera coerente e qualificata. Quanto sia attuale l’impegno politico che deve riscoprire la sua “anima” lo dice il saggio di mons. Francesco Savino – vescovo della diocesi di Cassano all’Jonio – in «Spiritualità e politica» (Terlizzi 2018, pp. 168). Tra tanti volti eminenti della coscienza cristiana del novecento come De Gasperi, Sturzo, Bachelet, mons. Savino mette insieme altre figure apicali, Aldo Moro, Giorgio La Pira e Giuseppe Dossetti. Il contesto storico del novecento è quello di un secolo contradditorio, due guerre mondiali, totalitarismi, ma anche del progresso scientifico, tecnologico e dell’instaurazione della democrazia. Lo spessore testimoniale di questi tre uomini sta nel primato dato alla “vita interiore” coniugato “all’impegno sociale”, senza un uso distorto del potere per interessi personali, nell’esercizio alto dell’amore che il vangelo annuncia.
A partire dalla figura di Aldo Moro, uomo del dialogo e della pace, statista, docente universitario, uomo di cultura, ha avuto uno sguardo lungimirante nel suo progetto politico del “gran passo”, fautore della “democrazia inclusiva” e dello “Stato di popolo”, cioè “l’immissione delle masse popolari nella vita dello Stato”. Fu osteggiato, criticato e impedito dalle brigate rosse e da complicità tutt’ora da chiarire. Giorgio La Pira, definito il “sindaco santo”, un attivista straordinario che ha avuto una visione della storia e del mondo collegato al mistero di Dio. È stato un “uomo di cultura e politico visionario”, proiettato al bene degli altri, uno spirito libero e “indocile alla disciplina di partito”, non funzionale a interessi particolari, docente universitario che oltrepassa i muri dell’università. L’attenzione soprattutto ai poveri sosteneva la sua vita, per lui “l’impegno politico è un impegno di umanità e di santità”. Nutriva un amore smisurato per la sua città, Firenze, convinto che dovesse diventare la capitale mondiale della cultura per dare testimonianza della sua civiltà e della sua cristianità”. Giuseppe Dossetti, l’uomo delle “insurrezioni delle coscienze”.
In un ambiente intellettuale stimolante legge analiticamente la chiesa e la società italiana scorgendo il vuoto etico e morale. Fu uno dei padri costituzionali che affermava che “la costituzione non è un insieme di regole e di regolamenti ma un documento programmatico di principi etico – morali”. Era contro l’idea statica dello Stato e promotore della risposta cattolica alle inquietudini sociali: “Il fine dello Stato non può essere affermato dallo Stato stesso”. Ha un’idea mistica di potere e di politica. Dossetti è l’uomo che ha preso sul serio Dio, “il prossimo e il bene comune”. L’impegno di queste figure si inserisce nella ricostruzione morale, materiale e civile di una nazione devastata dalla guerra, punte di spicco della Democrazia cristiana, il cosiddetto “partito di Dio”, dove in Calabria ha riscosso un grande consenso. Queste “voci” si sono fatte sentire nella dimensione pubblica, hanno saputo stare nel tempo con sapienza e nel limite della storia.
Mons. Savino mette in evidenzia il cuore dell’impegno politico, non solo il primato del vangelo nella loro attività, anche una filosofia dell’arte politica e nel contempo incoraggia la “smarrita politica calabrese”, senza una centralità progettuale e un pensiero critico ed elaborativo. Tutto ciò mi fa venire in mente l’immagine dell’uomo “proporzionato” tra fede e politica del “vitruviano” di Leonardo, che si trova con le braccia allargate all’interno di un cerchio e di un quadrato, e applicato al nostro caso, direi quella sintonia tra Dio e la società.
In Calabria ciò che prevalgono sono gli interessi personali, un “individualismocratico”, come conferma un altro giornalista Paolo Pollichieni che ha avuto osato denunciare in «Casta Calabra» (Cosenza 2013, pp. 232) quel “familismo amorale” di “inciuci”, di “concorsoni”, di “aumento degli stipendi e vitalizi” nella burocratica macchina elefantiaca calabrese. Un altro giornalista calabrese, Attilio Sabato in «Potere & Poteri» (Cosenza 2018, pp. 216) ricostruisce la cronaca dei trent’anni di politica calabrese, che ha portato “alla morte dell’homo politicus aristotelico a vantaggio di quello machiavellico”.
Il libro di mons. Savino getta un raggio luce allargando la visione dell’attività politica contro la conclamata crisi, una crisi di valori. Dove sono andate a finire espressioni come bene comune, giustizia, solidarietà? Sono domande sulla questione centrale del compito profetico e liberante nella storia della e di quanto sia assente il contributo della coscienza cattolica nella vita pubblica.