L’agenzia per la sicurezza stradale statunitense, dopo la morte di quattro persone,
ha aperto un’indagine su alcuni modelli Hyunday e Kia per accertare eventuali problemi
agli airbag. Nello specifico sono 425.000 Kia Forte del 2012-2013 e Hyundai Sonata
del 2011. Nel caso dei quattro decessi, non si sarebbero aperti gli airbag. Obiettivo
delle autorità americane è accertare anche se anche altre case automobilistiche
possano avere problemi analoghi con gli airbag. Per Giovanni D’Agata presidente
dello “Sportello dei Diritti”, siamo arrivati all’ennesima puntata della
vicenda degli airbag difettosi con questi ultimi episodi in ordine di tempo. Poiché
questi modelli possono utilizzare airbag di fornitori diversi, sia al variare dell’area
geografica in cui sono stati venduti sia in funzione del lotto di produzione, non
tutti gli esemplari sono coinvolti dal difetto. In Italia in caso d’incidente stradale
se l’airbag non funziona paga la casa automobilistica. Un precedente importante,
in questo senso, è stato fissato da una sentenza della Corte di Cassazione (n. 14
del 5 gennaio 2010) la quale stabilisce che, se in caso di incidente stradale l’airbag
non si apre, la casa automobilistica è tenuta a risarcire i familiari per i danni
derivanti dalla morte del conducente. La decisione definitiva giunge alla fine di
una controversia tra i parenti di automobilista che ha perso la vita, appunto, in
un incidente stradale a causa della mancata attivazione dell’airbag. Già il Tribunale
di Tortona, in primo grado, e poi la Corte d’Appello di Torino, avevano stabilito
la responsabilità della casa produttrice – la Opel in questo caso – e quindi
l’obbligo di risarcire gli eredi. La casa automobilistica sosteneva invece il “difetto
di motivazione” delle precedenti sentenze. Ma la Suprema Corte le ha dato torto.
La Cassazione pone tuttavia una condizione: sta al danneggiato provare “il collegamento
causale tra le lesioni subite e l’omesso funzionamento dell’airbag”. Dal momento
che questa relazione era già stata dimostrata dai periti nei gradi di giudizio precedenti,
secondo la Corte la responsabilità del produttore è fuori discussione. Il caso,
ricade sotto la disciplina della responsabilità del produttore (ora contenuta nel
Codice del Consumo) in base alla quale il produttore è tenuto a risarcire al consumatore
i danni provocati dal suo prodotto difettoso anche se non risulta (o non si può
provare) l’elemento soggettivo della colpa. La responsabilità del produttore viene
definita pertanto “responsabilità oggettiva“.