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TAURIANOVA (RC), MERCOLEDì 27 NOVEMBRE 2024

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Storie di vita e di speranza “approdano” al porto di Reggio La Polizia di Stato impegnata sul fronte degli sbarchi di centinaia di migranti

Storie di vita e di speranza “approdano” al porto di Reggio La Polizia di Stato impegnata sul fronte degli sbarchi di centinaia di migranti
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Ormai da tempo la Polizia di Stato, di concerto con le altre Forze di Polizia e con tutte le Istituzioni competenti, è impegnata sul fronte degli sbarchi di centinaia di migranti presso il porto di Reggio Calabria. Ad ogni sbarco approdano, dinanzi agli occhi attenti e vigili degli operatori di Polizia, scenari assolutamente nuovi, complesse storie di vita e, purtroppo in qualche caso, di morte. Tangibile la pregnanza umana, prima ancora che professionale, del personale della Polizia di Stato in occasione dello sbarco dello scorso 14 luglio, allorquando 541 cittadini extracomunitari, tratti in salvo dalla nave Bourbon Argos, battente bandiera lussemburghese, in uso all’Organizzazione non governativa “Medici senza frontiere”, sono stati accolti presso il porto di Reggio Calabria.

Nell’articolato ed ormai collaudato protocollo operativo, gli uomini della locale Squadra Mobile, coadiuvati dai mediatori culturali, stavano effettuando l’attività info-investigativa di competenza, raccogliendo le dichiarazioni “a caldo” dei migranti, al fine di tracciare una possibile rotta del cosiddetto “viaggio della speranza” e risalire all’eventuale presenza a bordo dei c.d. scafisti, uomini senza scrupoli che, dietro laute ricompense in denaro, costringono centinaia di migranti ad affrontare il mare in condizioni disumane, col miraggio di raggiungere l’Italia.

Nell’assolata giornata del 14 luglio, gli Agenti della Squadra Mobile accertavano che 2 dei 541 migranti sbarcati, padre e figlio di origini libiche, avevano intrapreso il viaggio a bordo di un piccolo natante fornito, gratuitamente, da un amico pescatore. Il genitore riferiva di aver intrapreso il viaggio con la speranza di giungere in territorio italiano per assicurare al figlio, gravemente malato di leucemia, le necessarie cure mediche, essendo in precarie condizioni economiche e non avendo, in Libia, alcuna speranza di guarigione. Così, prontamente, il giovane ventiquattrenne veniva ricoverato presso il Reparto di Ematologia del locale nosocomio per le cure negate in terra natia.