Studio shock: cozze “positive” agli oppiacei Una ricerca ha scoperto che parte dei molluschi analizzati in diverse parti del litorale della costa occidentale degli Stati Uniti conteneva tracce di questo tipo di droghe
Gli Stati Uniti si trovano di fronte ad una vera e propria “crisi degli oppiacei” che è diventata una preoccupazione per il paese nordamericano. Un gruppo di scienziati, che hanno analizzato la contaminazione dell’acqua nella zona di Seattle, nello stato di Washington (USA), ha scoperto che il consumo di queste droghe può avere conseguenze inaspettate. Lo studio, sviluppato dal Puget Sound Institute, un’istituzione in cui collaborano scienziati dell’Università di Tacoma (Washington) e dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente, ha rivelato che diversi molluschi analizzati in diverse aree dello stretto di Puget contenevano tracce di oppiacei.
I ricercatori hanno usato le cozze come una risorsa per misurare l’inquinamento delle acque del Puget Sound, una zona costiera con un elevato consumo di molluschi. Per lo studio, hanno depositato le cozze in 18 punti della costa e hanno scoperto che, almeno in tre dei luoghi scelti, le cozze risultavano positive agli oppiacei. Nello specifico, i ricercatori hanno scoperto tracce di ossicodone, un potente analgesico che può causare dipendenza. Una scoperta sorprendente, “ma non pericolosa per il consumo”, chiariscono i ricercatori. Lo scopo dell’indagine non era quello di dimostrare che l’assunzione di questi molluschi era pericolosa, ma di mostrare che in alcune zone il consumo di oppiacei è così elevato che i resti del farmaco vengono rilevati nelle cozze.
“Questo indica che ci sono molte persone che consumano ossicodone nell’area di Puget”, afferma la biologa Jennifer Lanksbury del Dipartimento del Fish and Wildlife dello Stato di Washington. “Quello che mangiamo e ciò che espelliamo va al Puget Sound”, ha detto alla televisione locale. È abbastanza probabile che i residui di oppiacei provengano da impianti di trattamento delle acque reflue: sebbene l’acqua residua sia filtrata, il sistema non lo fa in un modo specifico. Vale a dire che resti di medicinali, antibiotici o antidepressivi possono rimanere nell’acqua che viene sversata in mare. In effetti, le cozze sono risultate positive anche per molte di queste sostanze.
La composizione genetica delle cozze è più semplice di quella del pesce, un motivo per cui sono “eccellenti” per la ricerca, secondo Lanksbury. I pesci sono in grado di metabolizzare alcune sostanze chimiche, ma le cozze non lo fanno, quindi in molti casi sono più bravi a rivelare le sostanze inquinanti nell’acqua. L’equipe ha iniziato l’analisi delle cozze nell’inverno 2013 e ha condotto due ulteriori studi nel 2016 e nel corso di quest’anno per determinare che i molluschi di quella regione soffrono di contaminazione a causa di una vasta gamma di farmaci.
Gli scienziati hanno sottolineato che le cozze per il consumo provengono da acque pulite. Questa scoperta arriva in un momento in cui i casi di overdose dovuti all’uso di oppioidi continuano ad aumentare negli Stati Uniti e hanno già raggiunto un livello di morti mai visto fino ad oggi, secondo il Centers for Disease Control and Prevention (CDC) l’agenzia federale che si occupa del controllo e la prevenzione delle malattie. In generale, i casi di overdose sono aumentati del 30% in 16 stati tra luglio 2016 e settembre 2017 in tutte le fasce di età, uomini e donne, con alcune variazioni tra aree urbane e rurali. Una ricerca shock, per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti [http://www.sportellodeidiritti.org/]”, che tuttavia può essere utile per verificare anche se il nostro Paese è soggetto a un consumo massivo di oppiacei o altre droghe.