Sui rifiuti domina ancora il malaffare Lo dichiara Rete per la Difesa del Territorio “Franco Nisticò”
Alle porte delle elezioni regionali, a pochi giorni dalla scadenza della proroga della indecente ordinanza di abbancamento
in discarica di rifiuti non trattati emanata da Scopelliti, con la quale è stata letteralmente stravolta la normativa
comunitaria in tema di ambiente, la Calabria si trova ancora in piena emergenza ambientale e criminale in tema di rifiuti.
Nulla è cambiato dall’epoca del commissariamento “formale” del settore durato 15 lunghissimi anni, periodo in cui la
criminalità organizzata, con la comprovata collusione di ampi settori della pubblica amministrazione, ha costruito un vero
e proprio impero economico a scapito del denaro e della vita dei calabresi.
Oggi la Calabria vive ancora il continuo e sistematico ricatto della finanza criminale che si annida in particolare nel settore
dello smaltimento dei rifiuti e, inoltre, continua a vivere l’incubo di una finta democrazia nella gestione del settore con il
d.g. Gualtieri che agisce di fatto come un commissario.
L’ultima proposta di legge approdata in Consiglio Regionale, poi non approvata per ragioni d’opportunità elettorale,
scandisce le cifre di tale inconfutabile ricatto: la Regione prevede la spesa di circa 65 milioni di euro di soldi pubblici solo
per arrivare a fine 2014 ed altri 150 milioni di euro per il 2015, cifre mastodontiche totalmente assorbite dal sistema di
discariche private, per lo più illegali di fatto, che ha caratterizzato e continua a caratterizzare il ciclo dei rifiuti in Calabria e
che, se non pagate, ci catapulteranno, come accade ogni 3-4 mesi, in una nuova emergenza sanitaria. D’altro canto nulla
in Calabria viene investito nel recupero e nel riciclo dei materiali.
Come rete di comitati a difesa del territorio sparsi lungo tutta la regione negli ultimi anni abbiamo continuato a proporre,
anche nelle sedi istituzionali, delle soluzioni concrete per uscire da questa atavica condizione di ricatto, senza però evitare
di sottolineare le indecenti contraddizioni in cui la Regione Calabria ha agito. Abbiamo chiesto la fine del
commissariamento d’emergenza ben prima che una commissione parlamentare d’inchiesta lo definisse “un sistema di
potere non estraneo ad interessi politico-malavitosi”, abbiamo sottolineato le gravi inadeguatezze delle linee guida del
nuovo piano rifiuti e della legge di riordino, abbiamo sottolineato le numerose ambiguità delle strutture politiche ed
amministrative a partire da quel Dipartimento Politiche per l’Ambiente che oggi rappresenta un secondo “porto delle
nebbie” del ciclo dei rifiuti calabresi, ciò che un tempo era l’ufficio del commissario.
A partire da questi dati, non mancheremo di svolgere il ruolo deputato alla società civile neanche in questa fase
elettorale, partendo proprio dalle proposte: in primis è necessario riappropriarsi del sistema rifiuti e dei soldi pubblici
oggi in mano a cosche ed agli stessi speculatori di 20 anni fa, abrogando la “legge Orsomarso” con cui si privilegiano, di
fatto, gli impianti di trattamento privati e rimodulando gli investimenti del piano rifiuti su impianti moderni e di
rapidissima costruzione come impianti di compostaggio e di recupero di materiale. In pochi mesi si potrebbero
realizzare gli impianti necessari per la stragrande maggioranza della popolazione con meno spese e abbattendo
enormemente la quantità e la pericolosità del materiale da conferire in discarica. L’attuale sottospecie di piano, invece,
prevede investimenti enormi per megaimpianti non finalizzati al riciclo che, se tutto va bene, saranno pronti tra 4-5 anni.
Ovviamente tutti i soldi risparmiati (e tutti quelli necessari) potrebbero essere investiti per responsabilizzare totalmente i
comuni ed obbligarli a fare la raccolta differenziata porta a porta. Significherebbe andare nella direzione esattamente
opposta rispetto alla indecente “Legge di Riordino” approvata quest’anno sotto l’ombrellone (senza una legittima
giunta) che ripristina i terrificanti ambiti di raccolta delle vecchie società partecipate spartendo, di fatto, la Calabria tra
ditte e cosche. Quella legge di riordino va abrogata o radicalmente modificata in direzione della responsabilizzazione
dei territori e di un minimo di regolarizzazione degli appalti, a partire dall’esclusione dei proprietari delle discariche da
ogni appalto che riguarda la raccolta o il trattamento dei rifiuti.
Non possiamo esimerci, poi, dal rivolgere delle richieste dirette ai candidati governatori i quali, ci auguriamo, prendano
delle posizioni nette rispetto a questioni tanto importanti quanto scottanti a partire da progetti, vecchi e nuovi, sulle
discariche. Quale è la posizione dei candidati, per esempio, sulla discarica privata di Scala Coeli, costruita con una
quantità tale di anomalie da renderne impossibile l’elenco, seppure sempre “in caldo” e pronta ad essere condonata dal
Dipartimento? E sul possibile raddoppio delle famigerate discariche di Columbra, dei fratelli Vrenna, e di Pianopoli,
enorme sito di smaltimento che frana una volta ogni sei mesi? E sulla discarica di Celico, costruita per ricevere scarti di
differenziata ed utilizzata, invece, per abbancare rifiuti tal quale? E sulla discarica di Bucita, già sequestrata per
disastro ambientale e, come recentemente scoperto, sito di smaltimento abusivo di decine di migliaia di metri cubi di
rifiuti ignoti? E sull’inceneritore di Gioia Tauro, che non si sa cosa abbia bruciato in questi anni e né tantomeno quanti
danni abbia causato alla salute dei cittadini della Piana e alle tasche dei calabresi tutti?Non si tratta di una banale contrarietà o sindrome di Nimby, ma di casi esemplari che descrivono come la gestione dei
rifiuti in Calabria si riduca ad una sistematica applicazione di misure di emergenza, il più delle volte ricorrendo
all’utilizzo di “fosse” scavate a casaccio e impianti “supertecnologici”, realizzati per puri interessi speculativi ed i cui iter
autorizzativi sono, nel migliore dei casi, partoriti senza nessuna logica e tra molte sospette sviste.
Anche per questo non possiamo esimerci dal chiedere alla nuova giunta regionale una dettagliata verifica sulle nomine
all’interno del Dipartimento Politiche per l’Ambiente e dell’Arpacal e sui numerosi discutibili provvedimenti adottati da
questi organi pubblici.
Infine, doverosamente, seppur auspicando la futura massima collaborazione tra istituzioni e società civile per cui ci
dichiariamo fin da ora disponibili (come in passato), non possiamo non sottolineare le contraddizioni di alcune
candidature che riteniamo, francamente, impresentabili: quella di Giuseppe Graziano, ex direttore generale del
Dipartimento Politiche per l’ambiente per sei anni ed ex sub-commissario all’emergenza ambientale; Flora Sculco,
consigliere comunale di opposizione del Comune di Crotone a guida centro-sinistra, figlia ed alter ego di Enzo Sculco, già
rappresentato nella giunta regionale uscente dall’Assessore all’Ambiente Franco Pugliano, responsabile della fallimentare
gestione del ciclo dei rifiuti e dell’ambiente – così come testimonia l’ennesima ed attuale “emergenza rifiuti” in cui versa
la regione Calabria – e sempre sensibile alle esigenze dei proprietari delle discariche private, a partire dalla discarica di
Columbra a Crotone; Orlandino Greco, il sindaco che fece i salti mortali per aprire una megadiscarica a Castrolibero, e che
in parte ci riuscì, in pieno centro urbano a 300 metri da scuole e case.
Speriamo vivamente che tali candidature non rappresentino i presupposti di quella che rischierebbe di essere una
stucchevole continuità con il passato, recente e remoto, oscuro della Calabria in tema di rifiuti. Una Calabria che, al
contrario, ha bisogno di netta discontinuità col passato in termini di uomini, modelli ed iniziative, a partire dalla
definitiva interruzione della becera pratica di conferimento in discarica di rifiuti non trattati , una usanza praticamente
medioevale rispolverata da Scopelliti e che costerà ai calabresi, oltre ad enormi danni sanitari, anche fior di sanzioni da
parte della comunità europea.
Ci auguriamo che tali provvedimenti non vengano in alcun modo prorogati o ripresi in futuro.
Rete per la Difesa del Territorio “Franco Nisticò”