Suicidio assistito: dopo il caso di Dj Fabo un altro italiano in Svizzera È malato di sclerosi multipla
Davide, toscano di 53 anni, accompagnato da Mina Welby e’ arrivato in una clinica
svizzera per ottenere il suicidio assistito. È malato di sclerosi multipla. Accanto
a lui c’è solo Mina Welby, co-presidente dell’associazione Luca Coscioni, la moglie
di Piergiorgio, che nel dicembre del 2006, poco più di 10 anni fa, combattè per
ottenere il diritto a morire del compagno. Mina Welby attraverso un videomessaggio
si dice contenta della scelta di aiutare l’uomo. Lei e Marco Cappato, come già per
Dj Fabo, hanno fornito assistenza a Davide tramite l’azione dell’associazione Soccorso
Civile e il sito Sos Eutanasia.it. ”Non ce la fa più” dice. Davide ha 53 anni
e vive in Toscana, ha deciso di morire perché non vuole più vivere “con il dolore
addosso tutto il giorno” e perché ritiene che la sua ”non sia più una vita da
vivere ma una condanna da scontare”. A fine 2016 ha preso la decisione di ricorrere
al suicidio assistito , che lui definisce “una liberazione, un sogno, una vacanza”.
Nel 1993 Davide aveva 27 anni e faceva il barista, a un certo punto ha iniziato a
non sentire più un lato del corpo, spiegano ancora dall’associazione. Erano quelli
i primi sintomi della sclerosi multipla. Ma con il passare degli anni la malattia
è diventata sempre più insopportabile e crudele. Da mesi non riesce più a far
nulla, compreso mangiare e dormire. Passa le giornate a letto o in sedia a rotelle,
con uno stimolo costante di andare in bagno. Assume farmaci molto forti contro il
dolore, più di quindici al giorno, compreso il metadone che ha importanti effetti
collaterali – anche se ormai non sono più efficaci. Solo la cannabis terapeutica,
fornita dalla regione Toscana, gli dà sollievo”. Ora Davide, ricoverato in una
delle cliniche elvetiche dove esiste questa pratica, sarà sottoposto ad una serie
di esami: le procedure prevedono anche un incontro con uno psicologo per capire le
sue condizioni e in sostanza se la scelta è libera e pienamente consapevole. In
Italia il dibattito sull’eutanasia è stato rimandato a data ancora da decidere ed
è fermo da oltre sei mesi. Di fatto, per lasciare spazio a un tema su cui l’accordo
è più facile da raggiungere, ovvero il testamento biologico, o dichiarazioni anticipate
di trattamento. Il Parlamento ha avviato nel febbraio 2016 la discussione sulle direttive
anticipate di trattamento e calendarizzato la discussione sull’eutanasia. Ora l’esame
dovra’ riprendere il 19 aprile. Al di là del pensiero di ciascuno di noi, su di
un tema così delicato, ciò che però emerge nel nostro Paese, secondo Giovanni
D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” e che l’Italia è sempre
in ritardo anche sui temi etici e non c’è ancora una legge che regola la fine
della vita. È evidente, quindi, da parte di larghe fasce della politica nazionale
il volersi sottrarre dalla discussione su temi etici fondamentali che riguardano
l’esistenza e la sofferenza di centinaia di migliaia di cittadini.