Sull’imprenditoria reggina, gli istituti privati e l’occupazione giovanile Nota dei "Giovani sulla Strada"
Durante questo periodo pandemico abbiamo osservato, in particolar modo nel Mezzogiorno, un acuirsi della situazione lavorativa già precaria di tantissime e tantissimi giovani. Qualcuno ha sperato che il “governo dei migliori” guidato dall’uomo della provvidenza Mario Draghi, ponesse finalmente al centro della propria agenda governativa la questione meridionale ed in particolare quella lavorativa ma, ancora una volta, così non è stato. Si è preferito investire in bonus incondizionati di vario genere, escludendo aiuti in quei settori non ritenuti produttivi (il bonus psicologo è stato infatti rimosso dall’ultima legge di bilancio).
Nella nostra città, a Reggio Calabria, la mia generazione vive una situazione di estremo disagio, senza eguali in tutto il paese. Costantemente vessati dalla retorica neoliberista per cui saremmo una generazione di “sfaticati”, subiamo pesantemente l’assenza di spazi organizzati in cui poter dibattere sulla nostra condizione e organizzare azioni politiche. Questa retorica, mi fa particolarmente specie quando a propinarcela sono gli imprenditori e le imprenditrici di questa città; salvo delle rare eccezioni, è sotto gli occhi di tutti come a Reggio Calabria non esista per noi giovani lavoro ben retribuito, con contratti regolari (quei pochi che hanno un contratto vengono spessissimo registrati per molte meno ore rispetto quelle effettive) o diritti basici quali il giorno libero durante la settimana, nonostante vengano spesso imposti turni massacranti. Le paghe sono misere e questa vera e propria piaga sociale, non viene mai sufficientemente affrontata dal mondo politico, giornalistico o associativo. Quando ci viene detto “preferite il Reddito di Cittadinanza al lavoro”, rispondiamo “assumeteci regolarmente e pagateci il dovuto!”.
In tutto questo quadro desolante, patiamo fortemente il silenzio del mondo sindacale ed in particolare delle sigle confederali (CGIL – CISL – UIL), le quali non hanno mai nemmeno provato a combattere questo sistema infame. La città è deserta e ogni anno migliaia di giovani scelgono di lavorare o studiare lontane e lontani dalla propria terra e, per questo motivo, ritengo l’imprenditoria reggina abbia un’enorme responsabilità. Temo però, tutto questo sia perfettamente funzionale al sistema. Lasciandoci le briciole, cerchiamo di accontentarci e tenerci stretto quel poco che ci viene gentilmente concesso, evitando il conflitto e la pretesa, come detto prima, di rivendicare con tutta la forza necessaria quei diritti basici. Non si scorge alcuna via di fuga se non quella di accontentarsi di lavorare a quelle condizioni, il classico prendere o lasciare.
Mentre Reggio è in piena psicosi da tampone, gli istituti privati che offrono il servizio a prezzi altissimi, stanno fatturando migliaia e migliaia di euro ogni giorno. Questo si traduce in un generale benessere per la comunità? Assolutamente no. Allora ancora una volta la risposta non può essere il settore privato, ma la valorizzazione del bene comune. La nostra regione è stata puntualmente minacciata dal governo di subire misure restrittive come previsto dalle varie zone gialle o rosse a causa dell’aumento dei contagi, alimentando un inutile scontro fra vaccinati e non vaccinati, mai sottolineando come la causa sia invece l’assenza di posti letto, ospedali e strutture sanitarie. Ciò avviene in una Regione in cui si spendono troppi fondi per sovvenzionare le varie cliniche private che, a mio avviso, non dovrebbero più ricevere un euro, anche visto il commissariamento sanitario che ci tormenta da quasi 12 anni. Tutti i fondi che investiamo in questo settore, se spesi per il potenziamento della sanità pubblica, potremmo benissimo far competere la Calabria con altri modelli nazionali ma a quanto pare, questo non pare essere il programma del neo Presidente e commissario alla sanità Roberto Occhiuto.