Taurianova, città di leader delle “arti liberali” e nuovi Caligola Perché in fondo, tutto fa brodo e ci piace pure
La bellezza di Taurianova vige nel suo essere “città d’arte” perché da sempre ha favorito nella sfera politica, la nascita di molteplici personaggi. E per onorare il periodo del carnasciale, essi vanno da Balanzone a Peppe Nappa, passando per Brighella fino a Francatrippa. Siamo sempre in fervido movimento. E noi (cittadini) siamo solo spettatori (dopo il voto) di questo (orrendo) spettacolo, colmo di stravaganti sublimazioni e qualche volta di “deliri”. Ma che poi nei fatti, ci piacciono pure. Ora che è stata definita la questione del “cinema/teatro” all’auditorium “Gemelli Careri”, non sarebbe male redigere scenografie, ispirandosi su una nuova scuola di pensiero del neoliberismo effimero, sulla stessa lunghezza d’onda intellettuale di “Meo Patacca” e “Anthony il Cavolaro”.
Prendiamo un esempio “artistico” a caso. Si è scoperto nella nostra città (d’arte) che esistono ancora le “arti liberali” e che tali hanno un “leader”, è scritto proprio così, “leader”, personificato materialmente da Antonino Caridi, altrimenti detto “conglomerate man”, “la manutenzione c’è”, “buongiorno a tutti”, “buonanotte a tutti” e via discorrendo. L’uomo dei selfie, seguace di “Myfield e Trinidad (?)”, anch’essi affetti da “tronismo stradale”. Ma le arti liberali cos’erano? Lo spiego brevemente per dovere di informazione, erano quei “gradi di istruzione” del Medioevo perché all’epoca non c’erano né scuole né università. Ed erano la grammatica, la retorica o che ne so, aritmetica, geometria, musica e astronomia, e non tutti potevano accedere a queste “arti”, solo i signori dell’epoca (o chi era membro di una religione), erano arti intellettuali. E prima che vi scenda il latte alle ginocchia, perché dico questo? In questi giorni c’è stata una transumanza politica, basandosi su anacronismi medievali che ha scosso le coscienze politiche e non, così come quando mangi peperoni fritti di sera, mentre guardi in tv Topo Gigio, sorseggiando un’orzata al limone.
L’Ncd, ovvero il Nuovo Centro Destra la cui esistenza politica è come le caprette che fanno ciao e i monti che sorridono ad Heidi, in quanto sciolto nel 18 marzo 2017, solo che ancora esiste come gruppo regionale in Calabria. Questo (ei fu) partito a Taurianova, ha presentato in pompa magna come se fosse la nuova Mary Wollstonecraft insieme alla reincarnazione di Émilie du Chatelet, l’ingresso di Maria Fedele (prima dei non eletti del gruppo degli Innamorati e antagonista a Scionti nelle scorse elezioni, come Nino il Moro d’altronde). Sancendo il binomio con il motto “Caridi è Fedele a Scionti” e aprendo il sipario (per ora in panchina), all’assessore in pectore del dopo Mina Raso (assessore attuale, voluta dallo stesso Caridi), qualora questa dovesse andare via. Ma come? Si dimetterà? Non credo proprio, e farà bene. Sarà sfiduciata (pubblicamente) dallo stesso Caridi, per essere poi defenestrata da Scionti? Ma il sindaco accetterebbe tale condizione? Ne dubito fortemente perché Scionti non è un cretino qualunque, alla sua faccia ci tiene. La situazione al di là delle “arti liberali”, è complicata! A Maria Fedele va tutto il mio appoggio solidale sul suo accostamento a tali “arti”, dandole a malincuore una brutta notizia, né la “pittura” né la “poesia” ne facevano parte. Ovviamente, lei è forte perché il suo “arruzzolamento caridiano” è stato “compiaciuto” dai “vertici provinciali e regionali dell’Ncd”, ovvero, Zampogna che sta nel gruppo di Forza Italia nella Città Metropolitana (sic!). E da Arruzzolo che sta pure con un piede dentro la stessa Forza Italia (sic!). Però, il compiacimento dell’Ncd, c’è! “Stette la spoglia immemore; orba di tanto spiro…”
Ma cosa sta accadendo a Taurianova? Reggerà il sindaco, cadrà o cambierà rotta? Una cosa è certa, c’è una crisi nella maggioranza ed è evidente. E questa crisi sembra essere provocata dal sindaco stesso che forse crede ancora negli uomini soli al comando (ma già la storia l’ho spiegata), al concetto superato della sovranità popolare e del voto democratico. Condizioni costituzionali a lui forse sconosciuti? Perché azzardo, forse pensa che il nome Scionti è garanzia di acclamazione e di consenso, superando la volontà popolare e democratica, “unta” dall’intercessione dello Spirito Santo? E non perché 86 candidati si sono fatti un mazzo enorme a portargli dei voti. più oltre cento fasci di fiori freschi dai “Rocco” al ballottaggio. Lui fa, non ringrazia, disfa, nomina vicesindaco, come se la maggioranza che lo regge e il Consiglio Comunale fossero un club dove si gioca a birra, carte e calciobalilla. Per lui i consiglieri sono come i seguaci del “terrapiattismo”. Quello che lui fa, oggi nel terzo millennio è simile, ma fortunatamente con condizioni diverse, nella Corea del Nord con Kim Jong-un, manca solo che si tagli i capelli come lui, indossando il maglione a rombi, poi nomina assessore comunale il suo cane come Caligola nominò senatore il cavallo, ed è fatta. Ah, nota di servizio preventivo. Siccome lui è stato in visita a Roma seduto in una poltrona della Camera dei Deputati, qualcuno gli dica, se sta ancora seduto lì, che quel posto è già di qualcun altro, eletto dal popolo con libere elezioni democratiche (così com’era stato eletto lui anche se l’ha dimenticato), non vorrei che rivendicasse quella poltrona.
Nei fatti nel Consiglio, ha dalla sua parte solo due (o forse tre, affetti da “sciontizzazione acuta”), su 8 ed è come se lui, per come agisce, ne avesse 22. A prescindere dalla moltiplicazione dei consiglieri e degli assessori, che il buon Dio ce la mandi buona e “folgori” qualcuno sulla via dei rombi damascati.