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TAURIANOVA (RC), VENERDì 10 GENNAIO 2025

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Taurianova, Eugenio Finardi si conferma una leggenda della musica d’autore Peccato per il "disertare" finale della gente, ma le belle occasioni non sempre ti danno una seconda possibilità, peggio per loro

Taurianova, Eugenio Finardi si conferma una leggenda della musica d’autore Peccato per il "disertare" finale della gente, ma le belle occasioni  non sempre ti danno una seconda possibilità, peggio per loro
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Chissà quanti ancora, avranno l’occasione di ascoltare dei cantautori che hanno costruito la storia culturale di questo paese? Eppure ieri sera a Taurianova c’era uno di questi, Eugenio Finardi, quello della “musica ribelle”, della “Lei” che “non lo sapeva ma aspettava un uomo. Che la scuotesse proprio come un tuono. Che la calmasse come un perdono…”, la bellezza delle parole come una poesia afferrata in un sogno e poggiata tra le note di un pentagramma.
Ascoltare artisti come Finardi che hanno scolpito pagine culturali importanti nella musica italiana, dovrebbe essere un valore aggiunto contro l’indifferenza, contro la guerra, contro le ingiustizie e di tutto ciò che compromette la nostra libertà. E quindi, favorire quella bellezza che si chiama amore, giustizia, e che insieme formano quel sentimento di passione e di coinvolgimento dei sensi fino ad arrivare alla tolleranza di essi attraverso il rispetto.
Quando negli anni settanta in un paese martorizzato, vessato dal terrorismo nasce quel mitico album “Sugo”, dove c’era la sua “Musica ribelle” e la Radio”, seguì l’anno dopo “Diesel” con una delle più belle canzoni italiane di tutti i tempi con “La prima volta che ho fatto l’amore non è stato un granché divertente ero teso ero spaventato era un momento troppo importante da troppo tempo l’aspettavo e ora che era arrivato non era come nelle canzoni mi avevano imbrogliato…”, che sfatava ogni tabù in un’epoca che dovevi stare attento anche a quello che dicevi all’aria aperta. In un’Italia bacchettona, bigotta e puritana succube alla chiesa che dettava i suoi compromessi.
Eppure noi nati negli anni ’60 siamo stati molto fortunati in merito alla crescita culturale, a un Guccini viene contrapposto Angelo Famao, a un De Andrè c’è Ultimo (che sembra una italianizzazione della canzone neo-melodica napoletana),. Oggi si emoziona per un “pagliaccio” che balla in una spiaggia a sparare cavolate con parole delle canzoni quasi incomprensibili, fuori dai canoni rivoluzionari che la musica impone. Guccini ci ha insegnato che con le poesie si possono fare le rivoluzioni, e così ieri sera Finardi, lasciato quasi solo alla fine. Ed è quella solitudine che fa male.
Inizialmente c’era gente, ma poca rispetto ai bei e tempi, se si pensa che il concerto alle 22, e alle 23 eravamo dei “residui bellici” ad attenderlo e qualche persona intelligente e buongustaia, per lo più donne, le quali erano la vera bellezza della serata, quelle donne per le quali Finardi ha fondato il suo credo musicale.
L’amministrazione comunale ha fatto non solo un grane sacrificio con il sindaco Scionti presente fino alla fine (e la cosa mi ha sorpreso anche per la scelta del momento), e Raffaele Loprete, così come il prezzo del vassoio dell’associazione pasticceri quest’anno era accettabile, anzi perfetto, in quanto si poteva mangiare in tre persone. il menù era completo anche per l’ottima scelta di Finardi. Ma i taurianovesi, soprattutto i giovani (e quelli della mia età, i cinquantenni) taurianovesi hanno perso un’altra occasione, l’ennesima capire che la storia di questo paese si impara anche con le parole di cantautori come Eugenio Finardi e non con un tatuaggio, una sigaretta in bocca con una bottiglia di birra in mano o un cocktail per darsi un tono perché anche l’asino raglia per attirare l’attenzione, ma l’asino resterà sempre un asino. E vedere la gente che sfollava il concerto per poi osservare il corso principale e la piazza piena di gente, beh, fa male, e quindi anche stavolta devi dare ragione a al grande Finardi che Vespa e la Santanchè sono meglio di lui, e quindi se la sono svignata. Caro Eugenio, come dice un mio amico, così come allora eravamo oggi restiamo sempre quelli che ancora oggi pensano che, nei sogni e nelle parole si fanno quelle rivoluzioni (culturali) che il mondo ha necessariamente bisogno.