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TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 19 SETTEMBRE 2024

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Taurianova, Maurizio Cannata lascia il Pd per gli “scissionisti” "Il movimento democratici progressisti mi sembra un utile tentativo per dare voce ad un pezzo importante dell'elettorato di sinistra"

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Riceviamo e pubblichiamo.

TAURIANOVA – Mi rendo conto che – le sofferenze degli uomini sono ben altra cosa rispetto alla sofferenza di una scelta politica, come quella cui mi appresto a fare non rinnovando la tessera del PD e non partecipando alla fase congressuale. Sono stato iscritto al PD fin dalla sua nascita, ricoprendo incarichi importanti all’interno del circolo Walter Schepis di Taurianova, per ultimo un lungo percorso di direzione politica con l’incarico di segretario, costellato da una prima fase di difficoltà e ricostruzione del gruppo dirigente, fino alla fase positiva della realizzazione del sogno che si è reso concreto con la vittoria della coalizione di centro-sinistra, e il grande successo elettorale del partito democratico alle ultime amministrative.

Perché una scelta così estrema di lasciare il PD? Non vi nascondo che l’interrogativo me lo sono posto da qualche tempo, interrogandomi se una scelta così forte era giusta farla. Non è stato facile, ho ripercorso un pezzo importante della mia vita politica e sindacale, tentando di riflettere a fondo se lasciare la mia casa di appartenenza ideale fosse la scelta giusta. Qui è subentrata tutta l’amarezza, la delusione di questi anni – al di là – dei legami e le esperienze vissute con molti compagni e amici con cui abbiamo condiviso nel nome dell’unità del partito un pezzo importante dell’esperienza politica a Taurianova.

A volte anche i rapporti umani possono incidere nelle scelte difficili, se fosse per questo non avrei mai lasciato il partito democratico, ma lo stare bene con me stesso e il mio credo di uomo di sinistra, ha rappresentato e rappresenta ancora oggi, una carica motivazionale ideale – che supera ogni altra cosa.

Tuttavia, la storia del partito democratico è stata una grande intuizione, uno spazio politico di contaminazione tra la cultura cattolica e il mondo progressista della sinistra riformista, un tutt’uno nato con qualche difetto di origine – infatti in molti sostengono si sia trattato di una fusione a freddo, ma resto convinto – che il progetto originario del PD si è potuto realizzare anche per una carica ideale, di forte impronta sociale e culturale, dalla forza di rappresentatività delle due forze politiche, milioni di persone in carne e ossa, ossia un pezzo importante della società italiana che dopo la caduta del muro non potevano fare scelta migliore che unificarsi.

Se è vero, come è vero – che la fusione a freddo ha rallentato il processo di completamento del progetto, è altrettanto vero che il tratto d’unione non poteva che essere il sentimento ideale, i contenuti e le scelte di una forza progressista nel nuovo millennio, un’idea straordinaria che aveva bisogno di essere continuamente alimentata in rapporto ai veloci cambiamenti di una società liquida.

Un soggetto politico nuovo non può disperdere la propria rappresentanza e la sua carica ideale, e quando inizia ad allontanarsi da quel popolo, e dalle ragioni per cui è nato, non può sottrarsi a interrogarsi sul chi siamo – e chi rappresentiamo – che non vuole dire come molti sostengono strumentalmente – ritornare alle vecchie formule della fine del novecento. Ecco il punto di sostanza politica di oggi – che per molto tempo abbiamo voluto evitare di approfondire e discutere, e ostinatamente messo in soffitta da Renzi.

Siamo stati fermi, inermi, attanagliati dentro l’influenza della globalizzazione finanziaria, gli effetti della crisi economica tagliente e ancora di più la politica dei capi e dei populismi hanno messo a dura prova le condizioni economiche, sociali e culturali delle persone – tutto questo è potuto avvenire sopratutto per un deficit di analisi e lettura dei mutamenti sociali dentro la crisi.

A quel punto non ci siamo fermati a ripensare noi stessi, anzi, si è scelto di introiettare nel nostro campo il concetto del capo e del leader unico come antidoto per combattere sullo stesso piano la cultura dominante del populismo, disperdendo nel frattempo profilo ideale e rappresentanza sociale, e agendo di conseguenza nell’azione di governo con delle riforme sbagliate che hanno messo a dura prova un pezzo importante della nostra rappresentanza: La Scuola, il mondo del lavoro, una infausta liberalizzazione delle dinamiche di trasparenza e legalità nella gestione degli appalti pubblici, la povertà e le politiche di protezione sociale.

Temi, che storicamente hanno rappresentato il polmone vivendi della sinistra, messe in soffitta dal PD, e governati con scelte politiche liberiste, le conseguenze non potevano che essere quelle di un popolo – che ci ha voltato le spalle verso l’astensionismo e il voto al movimento cinque stelle. Dopo le cocenti sconfitte e perdita di elettori, un partito volto a rinsaldare le ragioni per cui è nato, non può pensare di chiudere una discussione vera e critica nel giro di tre mesi.

Oggi era utile fare un congresso per cambiare verso, invece si è scelto di continuare con la sciocca conta congressuale nel breve tempo possibile, una pratica già conosciuta che non ha funzionato visti i risultati. Un partito autoreferenziale che si appresta ad acclamare il capo, a garantire il gruppo dirigente e svuotare i circoli dalle funzioni decisionali, un profilo politico e organizzativo che non potrà reggere la sfida politica per recuperare i milioni di elettori persi negli ultimi due anni.

Per tali ragioni bisogna guardare oltre questo PD, il movimento democratici progressisti mi sembra un utile tentativo per dare voce ad un pezzo importante dell’elettorato di sinistra.

Maurizio Cannata