Tiroidite di Hashimoto: come intervenire con il cibo Il dottor Garritano si focalizza su una delle patologie autoimmuni più diffuse
Come ho scritto nel precedente articolo, le patologie autoimmuni sono patologie che si sviluppano quando il sistema immunitario, deputato a difenderci dagli organismi patogeni, riconosce come “non self” organi o tessuti del mostro organismo e li “attacca, distruggendoli e compromettendone le funzionalità”.
La tiroidite di Hashimoto è una delle patologie autoimmuni più diffuse, con una incidenza del 30% circa, generata da una reazione immunitaria cellulo – mediata e anticorpale (si ha produzione di anticorpi anti-Tireoglobulina e anti-Tireoperossidasi) con la progressiva distruzione della ghiandola tiroidea e conseguente riduzione della sintesi degli ormoni tiroidei T4 e T3. È questa una malattia che ha anche un carattere infiammatorio in quanto il sistema immunitario, oltre a produrre anticorpi che attaccano la tiroide, libera citochine infiammatorie che mantengono alto il grado infiammatorio e cronicizzano il processo.
Le cause della tiroidite autoimmune possono essere diverse: in un soggetto geneticamente predisposto, la presenza di fattori esterni come un’infezione virale della famiglia dell’Herpes Virus o una condizione di permeabilità intestinale, definita “leaky gut”, può indurre una risposta autoimmune; nel primo caso sostenuta da una riattivazione del virus (che dopo l’infezione va in stato di quiescenza), nel secondo caso invece la presenza in circolo di “porzioni di proteine di natura diversa (batterica, alimentare) estranee e come tali riconosciute dal nostro esercito di difesa che fa partire l’attacco non solo verso di loro, ma anche verso le nostre proteine che hanno una certa similarità con le prime”. L’aumento della permeabilità intestinale è sostenuta da una maggiore produzione di zonulina, una proteina che regola le tight junctions intestinali (cioè le giunzioni serrate che si trovano tra le cellule dell’epitelio intestinale la cui integrità fa della stesse una barriera uniforme verso il mondo esterno) provocandone l’allentamento: un “intestino bucato” lascia passare nel sangue sostanze che il sistema immunitario non riconosce come proprie scatenando una reazione immunitaria che si rivolgerà anche verso il self che presenterà una similarità con le stesse.
Cosa aumenta la zonulina? Il glutine, la SIBO o disbiosi intestinale, l’infiammazione e le tossinfezioni; più queste cause sono presenti, più aumenta la zonulina; maggiore sarà l’allentamento delle giunzioni intercellulari, maggiore sarà la quantità di sostanze “estranee”che passeranno la barriera intestinale a “colabrodo”; maggiore sarà l’attivazione della risposta anticorpale e maggiore sarà l’anomala reattività nei confronti del self e, quindi, tanto maggiore sarà l’infiammazione, tanto maggiore sarà l’attacco degli autoanticorpi e la distruzione dei nostri tessuti/ organi.
Come diagnosticare la Tiroidite di Hashimoto? Normalmente la tiroidite si manifesta con diverse fasi che sono distinte in base alla funzionalità tiroidea in:
• Fase di eutiroidismo: i valori degli ormoni tiroidei sono ottimali
• Fase di tireotossicosi transitoria da distruzione tiroidea: vengono rilasciate dalla tiroide copiose quantità di T4 e T3 in seguito alla distruzione dei follicoli tiroidei generata dagli anticorpi;
• Fase di ipotiroidismo subclinico: il valore di TSH è alto mentre T4 e T3 sono normali;
• Fase di ipotiroidismo clinico o manifesto: il valore di TSH è alto e T4 e T3 sono bassi.
Oltre a verificare gli ormoni TSH, T4, T3, FT3 e FT4, bisogna anche ricercare gli anticorpi anti-Tireoglobulina, anti-Tireoperossidasi ed anti-TSH. Nelle diverse fasi gli anticorpi anti-TPO (anti-Tireoperossidasi: cioè rivolti verso l’enzima che porta alla formazione dell’ormone tiroideo T4) e anti Tg (anti-Tireoglobulina: cioè rivolti verso la proteina da cui originano l’ormone T4) sono presenti spesso in quantità molto elevata: inizialmente sono più alti gli anticorpi anti-Tireoglobulina, ad indicare l’esordio della patologia, mentre in seguito ad innalzarsi saranno gli anticorpi anti-Tireoperossidasi, che tendono a mantenersi elevati durante tutto il decorso della patologia. In linea di massima più alti sono gli anticorpi, più lenta sarà la ghiandola tiroidea e minore sarà il valore di T4 e di T3 (e di conseguenza di FT4 ed di FT3: quest’ultimo è la frazione di ormone libero e biologicamente attivo che deriva dal primo per conversione periferica). Inoltre, in caso di tiroidite è necessario dosare anche alcuni minerali e vitamine che potrebbero essere insufficienti e rallentare la funzionalità tiroidea come selenio, zinco, iodio, vitamina A e vitamina D.
Quali sono i sintomi della Tiroidite di Hashimoto? Sono tanti e variano in base alla fase della patologia. In caso di ipotiroidismo manifesto, ad esempio, in cui si ha un rallentamento di tutte le funzioni dell’organismo, i sintomi principali sono: l’aumento di peso o la difficoltà a perdere peso, depressione e alterazioni dell’umore, attacchi di panico, spossatezza, ritenzione idrica, perdita dei capelli e / o capelli fragili e secchi, intolleranza al freddo (ma anche al caldo), cefalea, scarsa concentrazione, scarsa memoria, dolori muscolari e articolari, irregolarità mestruale, bradicardia, gonfiore e / o dolore addominale, disturbi digestivi, alvo stitico, candidosi, cistiti o vaginiti ricorrenti.
Come intervenire con l’alimentazione. Ritengo che un approccio a livello alimentare possa ridurre al sintomatologia di questa patologia che tanto inficia la quotidianità di chi ne è affetto, sempre se consideriamo la ghiandola tiroide al centro di un network di informazioni da e per tutti gli organi / ghiandole del nostro organismo e non come unica ed isolata. Seguendo alcune linee guida consigliate per una dieta antinfiammatoria ritengo possibile (ed i risultati ottenuti in studio rafforzano questa mia certezza) che un abbassamento dell’infiammazione, soprattutto della “low grade inflammation” o infiammazione di basso grado legata al cibo, si correli ad un abbassamento dei valori degli anticorpi anti-tiroide, molto evidente se la patologia è agli esordi, associato ad una riduzione della sintomatologia.
Il trattamento della patologia deve mirare dapprima a detossificare dell’organismo, per consentire una maggiore conversione di T4 a T3 nel fegato e nell’intestino per poi: debellare l’infiammazione che colpisce l’intero organismo (eliminare tutti i cibi pro-infiammatori, come zuccheri e latticini per citarne due, che stimolano ulteriormente il sistema immunitario e cercare di capire quali alimenti usati più di frequente possano aver generato infiammazione a basso grado); educare il sistema immunitario cambiando lo stile di vita e scegliendo un’alimentazione di segnale che possa ripristinare l’equilibrio omeostatico degli assi metabolici e, di conseguenza, anche del sistema immunitario; ripristinare la permeabilità intestinale: disinfettare l’intestino per poi ripristinare la barriera attraverso l’utilizzo di integratori e poi riequilibrare la flora batterica intestinale con l’uso di probiotici prestando contemporaneamente attenzione a quegli alimenti come glutine, solanacee, legumi, ecc. che aumentano il danno intestinale; prestare attenzione alle infezioni virali: lo stress e le nuove infezioni potrebbero riattivare il virus contratto in precedenza, per cui è essenziale imparare a gestire lo stress e cercare di prevenire le patologie scegliendo un’alimentazione equilibrata.
Sono questi concetti generali che devono poi essere rapportati all’individualità di ognuno di noi. Quello che è certo è che più il nostro organismo sarà infiammato, peggiore sarà il quadro patologico e la conseguente sintomatologia. È arrivata l’ora di spegnere l’incendio!
P.S: per ulteriori info visitate il mio sito: www.francescogarritano.it