Totò Riina “garante” della pace tra le cosche reggine Particolari rivelati dal collaboratore di giustizia Consolato Villani, riconosciuto colpevole in via definitiva, insieme a Giuseppe Calabrò, dell'omicidio dei carabinieri Antonio Fava e Giuseppe Garofalo
Totò Riina, nei primi anni ’90, ebbe il ruolo di “garante” per sancire la pace tra la cosca De Stefano ed il nucleo Condello-Serraino-Imerti. Le ‘ndrine calabresi ripagarono il “favore” con l’omicidio di Antonino Scopelliti, il sostituto procuratore generale della Corte di Cassazione ucciso a Campo Calabro il 9 agosto 1991 alla vigilia dell’inizio, in Cassazione, del maxi processo a “Cosa nostra” in cui avrebbe rappresentato l’accusa.
A riferire la circostanza è stato il collaboratore di giustizia Consolato Villani, nel processo “‘Ndrangheta stragista” che vede alla sbarra Giuseppe Graviano, boss del mandamento palermitano di “Brancaccio” e Rocco Filippone, di 77 anni, di Melicucco, indicato dagli inquirenti come colui che, per conto della potente cosca Piromalli di Gioia Tauro, teneva i rapporti con la destra eversiva e la massoneria occulta. I due sono accusati degli agguati compiuti ai danni di pattuglie dei carabinieri che, nei primi anni ’90 provocarono la morte, nel gennaio 1994, di due militari, Antonio Fava e Giuseppe Garofalo, e il ferimento, nel febbraio precedente, di altri due carabinieri.
Agguati che, secondo la Dda, rientravano nel disegno stragista portato avanti da Totò Riina con gli attentati di quegli anni a Firenze, Roma e Milano. Villani, col volto coperto e riparato da un separé, ha risposto per cinque ore alle domande del procuratore aggiunto di Reggio Giuseppe Lombardo che ha coordinato l’inchiesta. Lui, insieme a Giuseppe Calabrò, è l’autore materiale degli attentati.