Di GiLar
I trattori assassini. Tre immense tragedie con altrettanto morti in due giorni, con la morte di un ragazzo di soli 14 anni che aveva appena finito gli esami di terza media, si chiamava Vincenzo Cordì e sembra che le chiavi di quel trattore erano chiuse in un cassetto e che si è messo a guidare il mezzo senza avvisare la famiglia, quel mezzo che è stato poi il suo “assassino”. Un’altra simile tragedia era accaduta quasi un anno fa, sempre nel Reggino, c’era il caldo di un fine agosto e Nicolò Napoli a soli 16 anni viene schiacciato da un trattore che si ribalta.
E poi ancora ieri un 74enne in un giovedì nero in Calabria, in gergo vengono definite “morti bianche” perché sono gli uomini che cadono durante il lavoro, e altri nei giorni passati sono morti perché un trattore si è ribaltato finendo schiacciati da quel mezzo che gli consente di vivere lavorando.
Altre tragedia si consumano in una Calabria che tende spesso a dimenticare, a rimuovere dalle memorie collettive mentre quel dolore lancinante di chi lo vive sulla propria pelle se lo porta dietro come un tatuaggio indelebile.
Così com’è accaduto con Denise Galatà, la 18enne di Rizziconi morta in un giorno che doveva essere un momento di svago, uno sport chiamato rafting, così come le due creature di 13 e 11 anni morte insieme alla loro mamma perché precipitati in un viadotto. Ed ancora altri e altri…e altri.
Una mattanza che taglia l’anima con una lama ben affilata.