“U’ zi’ monacu. Un frate dal saio marrone”. La figura di Padre Alessandro nel nuovo libro di Leonardo Manuli Un viaggio nella vita del religioso dove ogni ricordo si abbraccia con la semplicità delle emozioni
Leggere un libro è passeggiare dentro un giardino fiorito, un momento di esplorare paesaggi sconosciuti, ma che man mano che i fogli vengono sfogliati scopri un mondo fatto di grazia e di carità. Ed è la sensazione provata nel nuovo libro del teologo Leonardo Manuli sulla figura di quel parroco dal viso dolce, Padre Alessandro. Il libro porta un po’ bizzarro, “U’ zi’ monacu. Un frate dal saio marrone” edito da Luigi Pellegrini Editore, come per far capire che quell’uomo, parroco della Chiesa di San Giuseppe dal 1987 al 2011, era egli stesso quel saio marrone indossato dai Frati Cappuccini.
L’autore nella sua introduzione lo definisce così, “Padre Alessandro era una cosa sola con il saio marrone, siamo d’accordo che era un uomo, ma quel vestito è un rinvio alla fraternità francescana, al senso missionario e testimoniale di una scelta di vita”. Sottolineando marcatamente il concetto di “carisma” del francescano, della sua capacità di coinvolgere i fedeli avvicinandoli alla parola di Gesù.
Non è facile per chi affronta la libertà religiosa in maniera laica descrivere la testimonianza letteraria di un sacerdote, ma mentre si scorrono quelle 133 pagine di quel libro si scopre un mondo dove il mistero si trasforma in soave bellezza, in un vortice di conoscenza in cui la religiosità si trasforma in un esercizio di cura dell’anima in ogni suo aspetto. Ed è vero quanto scrive Leonardo Manuli, si ha la sensazione che parlando di Padre Alessandro, “per un attimo il tempo si è fermato”, certo lo stesso rimarca la sua testimonianza come un atto di “amore, di amore, di riconoscenza, al quale mi sento legato da stima ed affetto, e le persone, come gli eventi, non passano e non accadono “casualmente” nella nostra vita, ognuno lascia sempre un’impronta”.
L’impronta o meglio, quel segno tangibile e indelebile lasciato dallo “zi’ monacu” è vivo in molti ricordi, in tante persone che hanno avuto il privilegio di condividere un cammino di speranza, di pace per lo spirito, ma anche fatto di goliardia e di spensieratezza.
L’autore ripercorre le fasi della vita di Pasqualino, sin dall’infanzia quando a sei anni aveva perso la mamma, e come Pasqualino, così veniva chiamato Padre Alessandro, una storia semplice di un uomo semplice.
D’altronde la semplicità è la maggiore sofisticazione disse un genio del passato, è quella parte di vita che in quelle piccole cose scopri la bellezza dell’esistenza. L’avvento di quei particolari che in un mondo fatto di complessità ci sfuggono. Questo libro aiuta a capire che la bellezza della vita, la vera misteriosa bellezza della vita non è altro che l’incontro con la semplicità del nostro esistere.
Il volume è suddiviso in “quattro parti”, ognuna con la sua intensa descrizione dei singoli attimi, un insieme di istanti che combaciano con il tempo di quello che poi per tutti è stato Padre Alessandro.
E non c’è frase più azzeccata, riportata anche nel libro, come quella del grande intellettuale Borges, “Ogni persona che passa nella nostra vita
è unica. Sempre lascia un po’ di sé e si porta via un po’ di noi. Ci sarà chi si è portato via molto, ma non ci sarà mai chi non avrà lasciato nulla. Questa è la più grande responsabilità della nostra vita e la prova evidente che due anime non si incontrano per caso”.
Gli incontri nella vita sono tanti, i segni che essi ci lasciano non vanno dispersi nel vuoto della memoria in un mondo dove la memoria stessa sta diventando corta, troppo corta, pericolosamente corta. Abbiamo tutti la responsabilità della memoria, ognuno deve coltivare la propria memoria che insieme alla scoperta della semplicità ci aiuta ad apprezzare chi di quella semplicità ne ha fatto un dono di vita per sé e per gli altri. Padre Alessandro è stato questo, o forse, è ancora questo? Sta a chi a ha avuto il privilegio di conoscerlo, divulgare i suoi insegnamenti, d’altronde è questa la missione della parola di Gesù e di quel Dio dell’infinito il quale molte volte ci riempie di dubbi e incertezze.
È un libro che va letto perché ha una grande proprietà, immensa, quando si finisce di leggerlo, c’è una pagina in più, quella che va scritta con le sensazioni delle emozioni trasmesse: la vostra pagina!
(GiLar)