Un terremoto giudiziario che imbarazza il Partito Democratico e Fratelli d’Italia
Giuseppe Larosa | Il 31, Lug 2019
Prefazione “I due maggiori tiranni del mondo: il caso e il tempo”
“(…) Che Riina li squaglia, li squaglia nell’acido io me li porto a Canavò, ho una livara li appendo là…con una corda e una scimitarra, ogni tanto gli taglio un pezzo e gli metto al cane…”, altri ridono in sottofondo. Terribile intercettazione estrapolata nell’indagine della DDA di Reggio Calabria.
L’inchiesta giudiziaria denominata “Libro nero” condotta dalla DDA di Reggio Calabria con i Pm Walter Ignazzitto e Stefano Musolino, coordinata dal procuratore capo di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri, apre uno scenario terrificante per quanto concerne il rapport tra criminalità organizzata, ‘ndrangheta, e politica, quella dei “colletti bianchi”. Ossia quella parte della politica e della società civile che si inneggia a moralizzatori del vivere con giustizia e bellezza, e invece sono essi stessi quel verminaio che impediscono queste due nobili parole e stati sociali che una civiltà dovrebbe avere.
Eppure il drammatico scenario uscito fuori dovrebbe far preoccupare, e non poco, la stabilità morale e sociale di una Regione qual è la Calabria. Dovrebbe far riflettere per i tanti errori, omissioni e sottovalutazioni della classe politica che fino a oggi abbiamo fatto, quando incontravamo alcuni dei personaggi coinvolti in questa ennesima inchiesta giudiziaria. Dovrebbe far riflettere ai tanti che nei paesi, grandi o piccoli, si vantavamo quando dicevano “Adesso arriva Seby…”, “Parlo con Seby…”, “Ora parlo con Demetrio…”, “Glielo dico io ad Alessandro…”, “Ma domani chi viene all’incontro?”, e la risposta con voce quasi orgogliosa da orgasmo platonico, “Viene sia Seby o viene Demetrio…”, o a volte qualcun altro, ma con vanto e petto pieno. E ogni volta c’era una strana “voce” in sottofondo quando c’erano tali affermazioni. Non si capiva da dove arrivasse, eppure c’era come un’eco molto insistente al ripetersi del vanto della presenza di tali personaggi ed era, “Ti vali u pilu…!”. Ovviamente vale per tutti la presunzione di non colpevolezza costituzionale.
Dai nomi dei soggetti coinvolti la questione politica si complica in maniera grave, oltre alla vicenda giudiziaria in sé dove i soggetti coinvolti dovranno dimostrare la loro estraneità ai fatti con la stessa garanzia che la Costituzione italiana consente a ogni cittadino italiano, e il garantismo che ne deriva dovrebbe e dev’essere d’obbligo. Ma, leggere nomi come Seby Romeo agli arresti domiciliari, un capogruppo del Partito Democratico in consiglio regionale della Calabria, uomo che ha sempre sostenuto con forza e fiducia, l’attuale governatore della Calabria Mario Oliverio, è qualcosa che fa rabbrividire. Viste pure le presunte accuse di “di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio insieme ad un maresciallo della guardia di Finanza, Francesco Romeo. Questi, chiedeva a Sebi Romeo di far assumere una persona in una locale impresa di trasporti ed autolinee ed in cambio gli prometteva di fornirgli informazioni, coperte da segreto istruttorio, relative a procedimenti pendenti presso la Procura della Repubblica di Reggio Calabria”. Poi, per non farci mancare nulla abbiamo un altro esponente di spicco dei Dem, cognato del sindaco di Reggio Calabria Falcomatà ed ex assessore e consigliere regionale, Demetrio Naccari Carlizzi accusato di Demetrio Naccari Carlizzi, cognato del sindaco di Reggio, Giuseppe Falcomatà, è accusato di “concorso esterno in associazione mafiosa perché, secondo l’accusa, in occasione delle competizioni elettorali per il rinnovo degli organismi elettivi delle istituzioni comunali e regionali, chiedeva e riceveva, per sé o per altri candidati da lui indicati, i voti raccolti dai rappresentanti delle cosche di ‘ndrangheta. Come controprestazione, Naccari assicurava la sua disponibilità per garantire ai rappresentanti di quelle articolazioni di ‘ndrangheta l’aggiudicazione di appalti, la risoluzione di problematiche di vario genere presso la pubblica amministrazione, l’assunzione in enti pubblici o privati di affiliati o comunque di soggetti vicini al sodalizio, oltre all’inserimento in prestigiosi circuiti politico-relazionali”. Non è stato arrestato ma è indagato a piede libero. Lo stesso Naccari Carlizzi nel dicembre dello scorso anno era già stato condannato in primo grado a “3 anni di reclusione per falso, riconosciute le attenuanti generiche e interdizione dai pubblici uffici per 5 anni”. Il processo si basava su una serie di presunte irregolarità per l’assegnazione del posto di primario del reparto di Dermatologia degli Ospedali Riuniti, dov’è in servizio Valeria Falcomatà, moglie di Naccari Carlizzi, a seguito di una denuncia fatta da un’altra aspirante primario dello stesso nosocomio.
E poi per non rifarci mancare ancora nulla, da sinistra passiamo a destra e ritroviamo un’altra conoscenza della politica regionale calabrese qual è Alessandro Nicolò, capogruppo di Fratelli d’Italia in consiglio regionale e già esponente di spicco di Forza Italia. Per lui invece sono scattate le manette in carcere perché accusato di “associazione mafiosa, quale referente politico delle sue articolazioni territoriali (in particolare cosche Libri e De Stefano-Tegano) stringendo uno stabile e permanente accordo con gli esponenti di tali consorterie mafiose e assicurando benefici di vario genere”.
Le reazioni per tale terremoto, seppur con un po’ di ritardo sono arrivate sia da FdI il quale ha allontanato Nicolò a “scopo cautelativo” e dichiarando che in caso di un processo a suo carico si costituirà parte civile. Mentre il Pd, “Oh c’è Seby…”, “C’è Demetrio…”, etc, e sempre quella voce di sottofondo, ha già sospeso i due soggetti coinvolti dal partito. E Nicola Zingaretti ha anche dichiarato la necessità di un “radicale processo di rinnovamento della classe politica calabrese”. Intanto anche il sen. Ernesto Magorno si è autosospeso dal Pd, prima della nota di Zingaretti, “fino a quando non si farà chiarezza”. Non c’è invece allo stato attuale nessuna dichiarazione o presa di posizione del governatore Mario Oliverio, forse ancora non avrà saputo la notizia, ma appena ne verrà a conoscenza qualche dichiarazione opportuna e necessaria la dovrà pur fare. Fatto è che con questa ultima indagine, dovrebbe cessare per lui le speranze per ogni eventuale ricandidatura come credo che il Pd dovrebbe iniziare a ragionare i termini seri su eventuale rifondazione nonché ringiovanimento della politica calabrese a tutti i livelli e magari come si fa di solito, quando per far rinvigorire un albero si tagliano i rami secchi. Così come la stessa cosa vale per ogni altro schieramento politico di altra estradizione ideologica.
Se dobbiamo essere sinceri, infine, dopo questa terribile indagine giudiziaria che disegna uno spaccato drammatico della Calabria, non è che siamo stati sorpresi più di tanti, come se quasi quasi, ce lo aspettavamo. Chissà se pure loro…e altri, nei vari circoli locali di appartenenza. Chissà quali saranno le prese di posizione? E quali saranno ora i vanti di così tanta arroganza dimostrata in passato? E soprattutto, quali saranno le azioni per agire fattivamente, almeno nel Pd visto che è il partito il quale ha un governatore in carica, seguendo le parole di Zingaretti?