Le parole della dottoressa Liza Johannesson, chirurgo e ostetrica del Baylor Hospital
di Dallas riportate sul Time esprimono tutto lo stupore e l’attesa anche dell’equipe
medica americana che ha seguito il caso di una donna senza utero che ha partorito
il suo bambino: “Ci siamo preparati per questo momento da molto tempo e tutti hanno
avuto le lacrime agli occhi quando è nato il bambino”. La neomamma soffriva di assoluta
sterilità uterina, il che significa che il suo utero non funzionava o era inesistente.
La maggior parte delle donne che partecipano alla sperimentazione clinica del centro
medico in questione soffre della sindrome di Mayer-Rokitansky-Küster-Hauser. Hanno
sempre saputo che non sarebbero mai state in grado di partorire. Il dott. Giuliano
Testa, che dirige la sperimentazione clinica, spiega che con il suo team ogni giorno
eseguono trapianti. “Ma non è la stessa cosa che avevo sottovaluto totalmente, ossia
ciò che questo tipo di trapianto fa per le donne, non ho parole per descrivere ciò
che ho imparato emotivamente”. Il parto era un cesareo programmato e erano presenti
i medici che avevano partecipato a questo esperimento clinico su larga scala. Il
medico che ha seguito la gestazione di questo paziente molto particolare ha confidato:
“Quando ho iniziato la mia carriera, non avevamo nemmeno ecografie. Ora mettiamo
l’utero di una donna nella pancia di un altra e otteniamo un bambino”. La donna che
le ha dato l’utero si chiama Taylor Siler e ha 36 anni. Dice a Time che non è sempre
stata sicura di volere un bambino. Ma oggi dopo aver avuto due bambini di sei e quattro
anni la sua “vita è cambiata per sempre”. Quando ha avuto notizia della sperimentazione
clinica del Baylor, aveva già deciso con suo marito di non avere più figli. Voleva
aiutare quelle donne che speravano di avere un bambino. Il programma del Baylor utilizza
donatori viventi e deceduti. Il rivoluzionario trapianto uterino può costare fino
a 500.000 dollari e le compagnie di assicurazione non rimborsano alcunché. E’ stato
il Baylor a pagare per i primi dieci trapianti uterini dalla sua sperimentazione
clinica. Per il futuro, dovrà trovare fondi. Dopo il primo caso in Svezia, sottolinea
Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, la nuova frontiera
dei parti post trapianti uterini appare ormai valicata e apre nuove possibilità
per le coppie non fertili di avere dei figli. C’è, quindi, da sperare che in un
futuro non lontano anche nel Nostro Paese le donne che anelano la maternità, ma
che soffrono di gravi problemi all’utero, possano veder realizzata la propria aspirazione.