Una passeggiata tra i vicoli taurianovesi osservando gli scorci del tempo
Giu 06, 2019 - Nelly Dogali
di Nelly Dogali e Giuseppe Larosa
Quando si attraversano i vicoli in un paese è come se si aprisse un dialogo con la storia. Un insieme di sguardi che si incrociano tra immagini lontanissime immerse tra i sorrisi scolpiti dal tempo. A Taurianova i profumi rimasti inebriano la mente semplicemente negli stessi istanti di un passaggio. Far parte di Taurianova, come scrisse il grande scrittore Cesare Pavese, “vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”, e così è stato. Specie quando inizi a camminare, ad osservare e resti fermo ad ammirare come il segno dell’umidità sui muri sia figlia di un tempo dell’abbandono.
Cammini lungo via Gemelli, in quel lastricato fatiscente, da rifare, pieno di cedimenti e buche, con rattoppi da vallata bellica. Lì, dove l’incuria e, forse, la costruzione non proprio a regola d’arte, ha causato ciò. C’è un angolo dove si ferma il tempo, dove le identità diventano uguali e l’età lambisce il concetto relativo dell’esistenza: vicino a una fontana sgorgante c’è un fabbricato massacrato dall’abbandono e arreso all’indifferenza, ma nessuno fa nulla. Eppure poteva diventare un concetto urbanistico del borgo per donare storicità a qualche evento, se solo ci fosse una parvenza di immaginazione creativa.
Purtroppo sono scorci di vita che vivono di istanti, ma aspirano all’immortalità. Il domani potrebbero non conoscerlo. Sono quei posti dove vige la quiete in ogni stagione, che giacciono sotto il peso del tempo che inesorabilmente li fa appassionare di umidità e di decadenza. Seppur con il vento che forte spira, la pioggia battente e il gelo, loro giacciono vivendo nell’indifferenza perpetua, in quel dimenticatoio del tempo. Attraversare i vicoli di Taurianova vuol dire anche ascoltare il rumore delle posate, dei piatti che si sovrappongono insieme al vocio di persone che vivono il motto quotidiano dell’esistenza. E quando finisci di camminare, ma vorresti rifarlo nuovamente, te ne vai leggero nell’aria che accarezza un viso che ha segni della sbornia di memoria acquisita, ma la leggerezza è fisica, come se non avessi niente addosso, perché in fondo, la ricchezza della cultura, della conoscenza e della storia, sono un peso leggero.