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TAURIANOVA (RC), LUNEDì 25 NOVEMBRE 2024

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Unione europea: per la soia e per i prodotti puramente vegetali non si usi la parola latte Il formaggio vegetale non esiste

Unione europea: per la soia e per i prodotti puramente vegetali non si usi la parola latte Il formaggio vegetale non esiste
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Addio burro di tofu. Addio formaggio vegetale. Addio panna “veggie”. I prodotti puramente
vegetali, ha stabilito la Corte di giustizia dell’Ue nella sentenza relativa ad una
causa tra la società tedesca TofuTown e l’associazione “Verband Sozialer Wettbewerb”,
non possono, in linea di principio, essere commercializzati con denominazioni come
“latte”, “crema di latte o panna”, “burro”, “formaggio” e “yogurt”, che il diritto
comunitario riserva ai prodotti di origine animale. Il divieto, per la Corte, vale
anche nel caso in cui queste denominazioni siano completate da indicazioni esplicative
o descrittive, che indicano l’origine vegetale del prodotto in questione. TofuTown
produce e distribuisce alimenti vegetariani e vegani: in particolare, commercializza
prodotti puramente vegetali con le denominazioni “Soyatoo burro di tofu”, “formaggio
vegetale”, “Veggie-Cheese”, “Cream” e altre denominazioni simili. Il Verband Sozialer
Wettbewerb, un’associazione tedesca che mira a contrastare la concorrenza sleale,
ritiene che tale promozione violi la normativa dell’Unione sulle denominazioni per
il latte ed i prodotti lattiero-caseari e ha quindi avviato un’azione inibitoria
nei confronti della TofuTown al Tribunale regionale di Treviri. La TofuTown ritiene,
invece, che la sua pubblicità non violi la normativa in questione. Per l’azienda,
infatti, il modo in cui i consumatori percepiscono tali denominazioni avrebbe subito
un grande cambiamento negli ultimi anni. Inoltre, non utilizza diciture come “burro”
o “cream” (panna) in modo isolato, ma sempre associate a termini che rimandano all’origine
vegetale dei prodotti in questione, come ad esempio “burro di Tofu” o “rice spray
cream”, cioè panna di riso spray. Il Tribunale ha chiesto alla Corte di giustizia
di interpretare la normativa dell’Unione in questione. Nella sentenza la Corte rileva
che, ai fini della commercializzazione e della pubblicità, la normativa in questione
riserva, in linea di principio, la denominazione “latte” unicamente al latte di origine
animale. Inoltre, salvo le eccezioni espressamente previste, la normativa riserva
le denominazioni come crema di latte o panna, chantilly, burro, formaggio e yogurt
unicamente ai prodotti lattiero-caseari, cioè derivati dal latte. Esistono delle
eccezioni, comunque, espressamente previste dalla normativa, come per il prodotto
tradizionalmente denominato “crème de riz” in francese. Allo stesso modo, tra le
eccezioni, è ammessa esplicitamente, a certe condizioni, anche l’utilizzazione,
nella denominazione inglese di un prodotto, del termine inglese “cream” con un termine
complementare, in particolare per designare bevande alcoliche o zuppe. La Corte conclude,
evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, che
le denominazioni “crema di latte o panna” e le altre non possono essere legittimamente
impiegate per designare un prodotto puramente vegetale, a meno che tale prodotto
non figuri nell’elenco delle eccezioni, circostanza che non ricorre né nel caso
della soia né del tofu. I giudici di Lussemburgo precisano che l’aggiunta di indicazioni
descrittive o esplicative che indicano l’origine vegetale del prodotto in questione,
come quelle utilizzate dalla TofuTown, non influisce sul divieto. La Corte aggiunge,
inoltre, che questa interpretazione della normativa non è in conflitto né con il
principio di proporzionalità né con il principio di parità di trattamento. Per
quanto riguarda il principio di proporzionalità, la Corte osserva che l’aggiunta
di indicazioni descrittive o esplicative non può escludere con certezza qualsiasi
rischio di confusione nella mente del consumatore. Quanto al principio di parità
di trattamento, la Corte constata che la TofuTown non può invocare una disparità
di trattamento affermando che i produttori di alimenti vegetariani o vegani sostitutivi
della carne o del pesce non sarebbero soggetti a restrizioni analoghe. Si tratta,
rilevano i giudici, di prodotti dissimili, soggetti a norme diverse.