Uomo dove sei? Natale è Dio che inizia i primi passi alla ricerca dell’uomo Riflessione sul Natale di don Leonardo Manuli
«Il nostro Salvatore, nato dal Padre che sta al di fuori della successione dei giorni, ma dal quale questa successione è stata creata, volle avere sulla terra un giorno natale che oggi celebriamo» (AGOSTINO D’IPPONA, Discorso sul Natale del Signore, 369, in M. COLAVITA, Discorsi sul Natale e l’Epifania, Tau, Todi 2010, 99). C’è tanto da ammirare, parlano i cieli e parla la terra, grembo e culla del Verbo che si fa carne. Egli è venuto come la rugiada, che di notte, cade in modo impercettibile e invisibile sulla terra secca dei campi, e per la gente di Palestina, era un simbolo importante, quello dell’amore, dove nel primo sole del mattino, le gocce di rugiada sembrano come delle perle preziose, si riflette la luce mattutina. Come la rugiada dell’amore che feconda il terreno, così Cristo nasce dalla Vergine, da un terreno puro, incontaminato e immacolato, una forza rinnovatrice, ed essa cade anche su di noi e ci ristora.
Questa non è solo una forma poetica per parlare della nascita di Cristo, c’è in profondità una verità, Dio nella rugiada ripristina l’elemento originario: «E il Verbo si fece carne ..» (Gv 1,11), Dio si è incarnato, si è fatto bambino, il cui primo vagito è il pianto. Chi non si accorge del pianto di un bambino? Egli ha voluto dipendere dall’umano, umanizzarsi, si è esposto alla povertà, chiedendo di essere accolto, ospitato. Dio entra nel mondo, domandando amore, e inizia la sua ricerca dell’uomo: «Dove sei Adamo?» (Gen 1,11). Dio non è quel motore immobile di cui parlava il filosofo Aristotele, che “ama in quanto amato”, Dio ama, e «ha bisogno dell’uomo, perché Dio è amore» (L. MANICARDI, Il vangelo della fiducia, Qiqajon 2019, 39), questa è la verità nella nascita di Gesù.
In questo tempo convulso, di rapidi cambiamenti, di distanze e di muri, dove si parla di post verità, post cristianesimo, post modernità, l’umanità, alle prese con tante sfide, sembra aver dimenticato il riferimento religioso, quell’orizzonte ultimo e temporale, che dona senso e salvezza all’esistenza. Viviamo un tempo di smarrimento, ed è quanto espone in un’omelia inedita l’allora card. Joseph Ratzinger (24 dicembre 1980), riportando un breve apologo del mistero del Natale, nel racconto rabbinico trascritto da Elie Wiesel, narra di Jehel, un giovinetto che si precipitò – piangendo, le guance solcate dai lacrimoni – nella stanza del nonno, Baruch, famoso rabbino, Jehel si lamentava. «Il mio amico mi ha lasciato tutto solo. È stato ingiusto e sleale con me». «Davvero? Puoi spiegarti meglio?», gli chiede il maestro. «Si, gli risponde il giovane – abbiamo giocato a nascondino, e io mi sono nascosto così bene che l’altro non riusciva a trovarmi, ma allora egli ha semplicemente smesso di cercare, se n’en andato via. Questo non è sleale?». Il nascondiglio più bello ha perduto la sua bellezza, perché il nostro partener ha spezzato il gioco. Allora il maestro gli accarezza il viso, anche a lui vengono le lacrime agli occhi, e gli dice: «Hai ragione, tutto ciò è davvero sleale e vedi, con Dio succede la stessa cosa. Egli si è nascosto, e noi neanche lo cerchiamo più pensando solo a questo: Dio si nasconde, e noi uomini non lo cerchiamo semplicemente più».
È venuta meno la poesia del Natale, è stato spogliato di emozioni e sentimenti, forse perché tutto è divenuto scontato, non ci si accorge più della magia, del dramma della nascita, per mancanza di stupore, causa di un deserto di cuore che non accoglie più la rugiada della buona notizia. Come sarà la nostra vita e quella di chi ci seguirà, senza il Natale del Signore, senza aneliti, senza desideri e spinte verticali? «Alcuni dicono che non l’hanno. A questi rispondo: me ne dolgo. Ma nemmeno se lo brami, me ne dolgo ancora di più. Se non potete averlo, abbiate almeno anelito di esso! Ma se non riesce nemmeno ad avere un anelare, si aneli almeno a un anelito» (M. ECKHART). Anche gli angeli parlano, cantano la gloria, i pastori si rallegrano, i magi sono in cammino e noi stiamo fermi? «Noi dobbiamo lodare, amare, adorare questa nascita, che celebriamo oggi, in cui Dio si è degnato di venire attraverso la stirpe di Israele e farsi Emmanuele: Dio con noi nella debolezza della carne, non con noi nell’iniquità del cuore» (AGOSTINO D’IPPONA, 102). L’augurio, è quello di prossimità e di missionarietà, a non tenere per sé quanto si è ricevuto, ognuno di noi, si faccia portatore della Bella Notizia presso quanti incontra, testimoniando la gioia di aver incontrato Gesù e il suo amore con concrete azioni di misericordia.
Buon Natale!