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Varia meccanica, intervista alla nipote di Giuseppe Militano

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di Fameli Foti Rosa

Siamo davanti alla casa del genio palmese che ebbe l’idea incompresa inizialmente, di costruire qualcosa che prima nessuno aveva mai pensato: una costruzione unica per il suo genere, qualcosa di enorme, colossale che sarebbe dovuta restare nella storia di Palmi e del mondo. Giuseppe Militano nasce a Palmi 1863: la madre curò l’educazione alla fede, mentre il padre quella per l’arte e la sete di conoscenza. Presto si dedicò al lavoro affiancando il padre, imprenditore con oleifici e mulini. Era un bravo musicista e riconosceva le note e il suo valore. Amava il pianoforte e impressionò, per la sua musicalità spontanea, anche il caro amico Francesco Cilea. Dopo alcuni anni, in cui era stata vietata la festa della Varia, ai tempi trainata su un carro e di dimensioni più piccole, Giuseppe Militano pensò ad una nuova Varia, più grande e doveva essere un evento straordinario.

Lo stesso Militano difronte a questa idea, diceva alla figlioletta Maria (madre di Mema Bagalà): “Questa maestosa piramide è una scala molto speciale, che porta l’uomo a Dio. Gli angeli e Gesù sono scesi sulla Terra per portare la Madonna in Paradiso”. Ebbene Don Peppino, era una persona conosciutissima in paese, stimata per i suoi numerosi impegni e per la sua cultura. Egli aveva un’impresa edile e tantissimi operai, vari cantieri aperti, e fu il primo ad impiantare oleifici meccanizzati nonché mulini, una novità che gli fece aggiudicare riconoscimenti speciali, fu anche inventore a soli 34 anni, delle forbici da potatura, ancora oggi attuali. L’idea delle forbici, studiata e presentata alla camera di commercio di Roma, con uno stampo di legno, gli fu soffiata da un tedesco che depositò per primo il brevetto. Nella sua relazione del 1898 scriveva: “è necessario eliminare dalla pianta la parte disseccata e spezzata dai parassiti……Potare non è facile, anzi si possono commettere degli errori, compromettendone la produzione di frutta. L’Operazione è delicata. È importante anche la dimensione dell’attrezzo, prendendo in considerazione la dimensione della mano, il diametro dell’impugnatura delle forbici”.

Ancora oggi possiamo comunque ammirare il documento originale, affisso nel salotto della nipote Mema, persona disponibile e gentile. Appena giunti all’uscio di casa Militano, una ventata di storia inebria i nostri cuori e la mente. Una stele marmorea sopra il portone ne sottolinea l’importante operato; don Peppino, tanti sacrifici e fatica fisica, che resero quest’uomo un grande personaggio in tutti i sensi, nonostante in alcuni momenti si sentisse sperduto e preso dai suoi innumerevoli dubbi. La passione e l’ingegno, lo portarono a studi approfonditi e alla concretizzazione del progetto Varia. Tutto il paese era contrariato nei suoi confronti, addirittura l’amico il poeta Pietro Milone, dedicò dei versi alla sua Varia, definendola simile ad una scocca di fica: “E ‘mbeci atru non era, ( non ti meravigghiari!), ca na scocca di fica, Nu fusu pe filari….”. Poi successivamente quando la festa riuscì ed anche la Domenica del Corriere ne dedicò la prima pagina nel 1900, il poeta creò una poesia di risposta, quasi scusandosi per la leggerezza avuta nel definire in una “scocca di fica” quell’opera avveniristica, d’alta ingegneria: “Non c’è che diri è veru, fu sempri nu grand’omu! S’ammerita na statua, pe chissu lu su nomu. Evviva addunca sempri, lu ‘ngegnu parmisanu, di Peppi Militanu”.

L’idea della costruzione della piramide Varia, stimolata anche in parte dalla Tour Eiffel, tanto che Militano ne costruì un modellino di legno, perfettamente identico, in scala ridotta. La festa della Varia del 1900 fu in ogni caso un evento straordinario, che unì i popoli, le nazioni, a livello mondiale. Da ogni dove si seppe della mente originale di Peppe Militano. Anche l’emigrato che tornò a Palmi, carico di stupore e orgoglio, era felice di appartenere a quel popolo, che abbracciava un genio come Militano. La festa aveva poche regole da seguire nella scelta dei personaggi principali; per quanto riguarda l’Animella, doveva essere una ragazzina all’incirca sugli 11 anni, dai capelli lunghi e bruni, esile e di famiglia povera. Il padreterno un giovane forte e coraggioso, con profondi principi morali e religiosi, doveva sostenere l’Animella, darle coraggio e portarla in salvamento, una volta giunti in piazza I° Maggio.

Per i ‘Mbuttaturi, giovani ragazzi dotati di grande forza, capaci di sostenere il grande peso delle travi a sostegno della struttura; tutti uniti dallo stesso unico scopo e appartenenti alle cinque corporazioni: marinai, artigiani, carrettieri, bovari e contadini. La festa della Varia di Palmi del 1900 superò ogni record, sia come dimensioni che di presenze, tanto che il giorno dopo i quotidiani scrivevano a caratteri cubitali “ la festa della Varia di Palmi in un bagno di folla”, “il grande evento nella città di palmi”, “La Varia di Giuseppe Militano”. Anche la Gazzetta del Sud riportò un articolo a 4 colonne. Dopo la grande festa del 26 agosto 1900, si decise tra Comitato e comune di riproporre l’evento negl’anni a seguire, senza una cadenza prefissata. La Varia è un binomio tra Carro sacro e allegoria, tra macchina ed espressione d’arte popolare, tra simbolo e sentimento. Essa esprime l’anima della nostra città (cit. Mema Bagalà)

Mema racconta che nel 2002 si trovava con l’amico e collega prof. Mario Bagalà, durante il tragitto di lavoro verso la scuola di Melucuccà. Mario aveva preso parte durante il periodo universitario all’organizzazione della Varia; quell’anno parteciparono al traino della Varia diversi ragazzi universitari provenienti da tutta Italia. Mario quella mattina fece il quadro della situazione del 2002, in cui nessuno sapeva chi avesse costruito la Varia. In quel periodo Mema aveva visto un’intervista in tv, fatta all’avvocato Veneto, il quale ricordava in modo sufficiente ma non approfondito, il genio Militano, definendolo in ogni caso il costruttore della Varia. L’organizzazione della festa era gestita da altre persone, quindi Mema si adoperò presto a scrivere un libro, con il quale la popolazione potesse ricordare ai posteri, l’inventore di quella magnifica macchina che era la Varia. Suo nonno non era solo un inventore, ma anche un bravo imprenditore; ricordiamo appunto gli stabilimenti oleari meccanizzati, egli fu l’unico in tutto il territorio calabrese e fu premiato per questo. Era un personaggio conosciuto e Mema aggiunge: “fu anche il presidente dell’associazione Carmelitana, che una volta chiusa lui riuscì a farla riaprire con grande sacrificio a abnegazione”. Per quanto riguarda le bambole le prese a Norimberga: “Oggi ne restano pochissimi pezzi presso la Casa della Cultura, inizialmente erano 18, tutte sistemate sopra la Varia del 1900. Adesso quelle rimaste saranno 4 o 5”.

La cadenza dei festeggiamenti non era annuale per quale motivo?
“La preparazione della festa della Varia era davvero complessa e necessitava di una grande lavoro, per cui era impossibile farla ogni anno”.

L’idea della Varia come è nata?
“Aveva inizialmente visto quella di Messina, poi si era deciso a rifarla ma in modo differente, mio nonno era davvero un artista a tutto tondo. Peppino Militano ha trovato molti ostacoli, a cominciare dai familiari, moglie e figli contrari, nonché amici e parenti. Ovviamente era una grande responsabilità, perché l’idea era imponente e davvero pericolosa, nella sua complessità. Aveva anche portato delle carrozze per donarle ai poveri, usate ai tempi nel momento del trapasso. Andava a teatro, spesso per ascoltare le liriche. Si occupava anche di mobili e li costruiva con le sue mani. Era stato anche all’Expo di Milano per proporre un’idea riguardo alcuni intagliati particolari fatti a mano”.

Come reagì Militano, avendo la famiglia contraria?
“Mio nonno era un temerario, trovò anche parere contrario nel prefetto, cosa che avrebbe bloccato tutto il lavoro fatto. Si presentarono tre ingegneri, che si complimentarono con lui e vollero la spiegazione riguardo i movimenti dei meccanismi interni”.

I figli di Militano cosa dicevano?
“Mio nonno si sposò ben due volte, i suoi figli furono sempre informati del suo progetto”.

La legna per la costruzione del cippo dove è stata presa?
“Mio nonna era amica della Principessa AJossa che aveva tanti boschi, così permise di accedere alla legna, presa in tempi ben precisi e seguendo anche le fasi lunari. Erano in ogni caso mezzi poveri, comunque appena si rese conto della possibilità concreta di realizzarla, mio nonno fece un preventivo di tutti gli elementi necessari per la costruzione della macchina. Si assicurò che i costi rientrassero nelle sue possibilità economiche. Il legno rappresenta l’albero della vita che il Signore collocò al centro del Paradiso terrestre, il ferro rappresenta la forza, la potenza di Dio, mentre la paglia, che restituisce al sole i suoi riflessi dorati, è simbolo della grazia che illumina e santifica gli uomini. Quindi acquistò il legno necessario, poté accedere alle proprietà boschive della Principessa Ajossa e comprò legna di quercia, legno che garantiva la durata nel tempo. Comprò tanto ferro oltre il necessario. Prese delle bambole a Norimberga per adornarla”.

Il prefetto diede il suo benestare a suo nonno?
“No, assolutamente, era sorvegliato da un carabiniere e fino che la festa non fosse finita. Lui era controllato a vista. Se fosse accaduto qualcosa durante il traino della Varia, mio nonno sarebbe stato arrestato, era responsabile”.

Nel periodo fascista come era posizionato suo nonno?
“Mio nonno era apolitico, non seguiva la politica ma era rispettoso delle regole comuni. Ci fu un’edizione molto triste in cui una lite molto accesa complicò la situazione; mio nonno cercò di mettere queste persone in salvo avendo la possibilità di farlo”.

Suo nonno amava la musica?
“Mio nonno amava la musica, era amico di Francesco Cilea. Mio nonno suonava anche il pianoforte e adorava il grammofono; i primi dischi li prese a Norimberga. Mio nonno guardava spesso al futuro, ha fatto studiare tutte le figlie all’Università a Messina. Era anticonformista in un certo senso e una persona avanti con i tempi. Per la festa della Varia fu composta una marcetta detta di Jonata”.

Mema ci racconta che nel corso degl’anni la Varia è stata sempre seguita da persone che non conoscevano a fondo la storia stessa, tanto che si dimenticavano della famiglia Militano e dell’ideatore e costruttore della macchina. Mio nonno lasciava solitamente la Varia nei magazzini sotto il Comune per comodità. Una volta giunto ad una certa età Militano decise di trasmettere delle indicazioni preziose per il montaggio della Varia alla famiglia Ferraro.

Oggi nel gennaio 2019 sono stati presentati i nuovi locali del comitato Varia, voi ne siete a conoscenza?
“In quella occasione si, ma spesso e volentieri non siamo chiamati e presi in considerazione come rappresentanti. Nel 2002 mi hanno chiamata perché necessitava una biografia di mio nonno, a breve avrebbero intrapreso e segnato un evento particolarissimo. Cioè il riconoscimento mondiale da parte dell’Unesco; questa organizzazione ha dichiarato la Varia come patrimonio immateriale dell’umanità. Passarono però alcuni anni, fu riconosciuta nel dicembre 2013. A dare la notizia rimbalzata da Baku, in Azerbaijan dove si è tenuto il Comitato intergovernativo Unesco. Portavoce della stessa la rappresentatrice dell’associazione Rete delle grandi macchine a spalla, che associa diverse città, la signora Patrizia Nardi”.

Cosa ne pensate della Varia dei bambini e delle proposte avanzate del nuovo Comitato Varia del 2019?
“Ovviamente sono contraria alla duplicazione della Varia, poiché questa non è la Varia di mio nonno. Questo potrebbe svalutare la valenza della festa. Per quanto riguarda tutti i provvedimenti che il comitato Varia 2019 vorrà apportare, dovrà comunque interfacciarsi con il comitato Unesco, che tutela la Varia di mio nonno, Giuseppe Militano. Se il cambiamento riguarderà la sicurezza ci saranno comunque delle persone competenti che valuteranno. Il Comitato Varia deve a mio giudizio, nominare più frequentemente il nome dell’autore della Varia; questo è un punto fermo a cui tengo particolarmente, in ogni caso”.

Il libro “Giuseppe Militano e la sua Varia” scritto e presentato da voi, come nasce questa idea?
“Diciamo che mi è stato chiesto espressamente di scrivere qualche riga riguardo la storia di mio nonno, ovviamente per non dimenticare tantissimi eventi storici. Ho cercato aiuto da parte degl’organi competenti regionali per la stampa, ma non ho avuto niente. In ogni caso ho fatto stampare il libro a mie spese e l’ho distribuito, a volte regalandolo. Ho aggiunto tanti piccoli aneddoti e tante foto per testimoniare nel tempo l’operato di mio nonno”.

Cosa lascia Militano ai giovani d’oggi?
“Mio nonno ha lanciato una sfida, oltre la quale la sua vita era messa in pericolo. Ovviamente lo stesso diceva che: la fede fa fare a l’uomo cose eccezionali, questa maestosa piramide è una scala molto speciale che porta l’uomo a Dio. Quindi si evince che con un pizzico di consapevolezza, uno di preparazione, uno di follia misurata e inconsapevolezza: con questi ingredienti si possono raggiungere obbiettivi mai visti”.

Cosa lascia Militano alla sua cara Palmi?
“Ha lasciato la festa della Varia, che dopo un secolo è ancora viva nella memoria popolare, nonostante il disordine della modernità e l’usura del tempo. Da un semplice atto d’amore, Giuseppe Militano ha lasciato alla sua amata terra un patrimonio prezioso da custodire, salvaguardandone soprattutto il valore spirituale semplice e genuino per trasmettere a tutti la fede della nostra comunità. Come nipote e come cittadina ringrazio mio nonno pubblicamente e come dice Orazio, l’arte umana vivrà sempre nelle opere, sfidando i secoli”.

Alcuni passi tratti dal libro di Mema Bagalà, “Giuseppe Militano e la sua Varia” edizioni La Piana 2013