“Vendo la mia biblioteca, per necessità” Desta emozione e scalpore la decisione di Michele Caccamo di vendere al migliore offerente la sua biblioteca privata: per potersi mantenere dopo l’errore giudiziario che lo ha privato di ogni sostentamento
L’ immagine di Michele Caccamo seduto sui suoi libri mentre legge le questioni di Hobbs relative a “libertà necessità e caso”, non è appunto un caso, se consideriamo che l’autore ha deciso di vendere la sua amatissima biblioteca privata, che vanta più di diecimila volumi, per fare fronte alle difficoltà finanziarie provocate dall’errore giudiziario che lo ha visto vittima per tre lunghi anni. Tre anni duri, in cui ha perso lavoro e ogni proprietà. Questa la causa di una scelta drastica: “Per necessità vendo il mio pane di carta” è il messaggio che il Poeta Michele Caccamo lancia: un appello rivolto alla sensibilità dell’Uomo ma ancora di più alle istituzioni perché facciano riferimento a quanti disastri le operazioni incerte possono provocare nelle vittime.
Rifacendosi a Hobbs, a questo proposito, Michele Caccamo dice: “Ogni situazione ci consente delle possibilità. Quando un uomo è costretto a sottomettersi a un nemico, o a morire, gli rimane sempre una scelta: quale delle due alternative egli possa meglio sopportare. E colui che viene spinto in prigione, con la forza, ha scelta e può deliberare se vuole essere tirato e trascinato per terra, o vuole fare uso dei propri piedi. Nel mio caso, e dopo la prigione, scelgo di mantenere ferma la mia dignità, non chiedo nulla a nessuno ma mi privo di ciò che di più caro ho (dopo famiglia affetti e il mio cane): i miei libri”.
Michele Caccamo è indubbiamente un uomo di cultura, e di intelletto, la sua sincerità ha avuto ragione su un pasticcio giudiziario. La sua libertà oggi, ottenuta a testa alta, ha il retrogusto amaro di tre anni strappati alla vita e alla verità; egli, con questa provocazione, intende sensibilizzare l’opinione pubblica sulle difficoltà che le vittime di errori giudiziari incontrano: rimanendo senza soldi, senza lavoro, senza pane. Senza un futuro?