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TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 21 NOVEMBRE 2024

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Viaggio nella Calabria: la Piana di Gioia Tauro Il territorio ricoprì per alcuni secoli un ruolo importante nella vita della Regione

Viaggio nella Calabria: la Piana di Gioia Tauro Il territorio ricoprì per alcuni secoli un ruolo importante nella vita della Regione
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di Domenico Caruso

La “Piana delle Saline” (“Vallis Salinarum”), di tempo in tempo di S. Martino (“Planitiae Sancti Martini”), di Terranova, di Gioia Tauro, (che si estende per 400 Kmq e comprende 33 Comuni), ricoprì per alcuni secoli un ruolo importante nella vita della Regione e, nel periodo angioino, dell’intero Regno. Se la natura è stata generosa con la nostra Terra, di tutt’altro avviso si è dimostrato l’uomo. Così Leonida Répaci descrive la nostra situazione al momento della Creazione Universale: «Quando fu il giorno della Calabria, Dio si trovò in pugno 15 mila Kmq di argilla verde con riflessi viola. Pensò che con quella creta si potesse modellare un paese per due milioni di abitanti al massimo. Era teso in un vigore creativo, il Signore, e promise a se stesso di fare un capolavoro. […]

Diede alla Sila il pino, all’Aspromonte l’ulivo, a Reggio il bergamotto, … a Palmi il fico, … a Gioia l’olio, … a Rosarno l’arancio, … alle montagne il canto del pastore errante da uno stazzo all’altro, … alle spiagge la solitudine, all’onda il riflesso del sole… Assegnò Pitagora a Crotone, … Ibico a Reggio, … Gioacchino da Fiore a Celico, Fra Barlaam a Seminara. San Francesco a Paola, … Gemelli Careri a Taurianova, Manfroce a Palmi, Cilea pure a Palmi, Alvaro a San Luca, Calogero a Melicuccà…».

Per conoscere il territorio, ho scritto un «Viaggio alla scoperta della Calabria» (due edizioni di grande formato – 20,5 x 28,5 – di pagine 204 ciascuna), già presenti nella vetrina del Gruppo Editoriale “L’Espresso” di Roma (“Il mio libro”) assieme ad altre dodici opere. Per la prima volta, di ogni paese ho trattato la storia, gli aspetti religiosi e naturalistici, le manifestazioni, i personaggi, le tradizioni, le leggende ed ogni altra caratteristica.

Per comodità del lettori, ecco le pagine dedicate alle Città della Piana: Pag. 5 Anoia – pag. 10 Candidoni – pag. 13 Cinquefrondi – pag. 18 Cittanova – pag. 24 Cosoleto – pag. 29 Delianuova – pag. 32 Feroleto della Chiesa – pag. 33 Galatro – pag. 36 Giffone – pag. 39 Gioia Tauro – pag. 41 Laureana di Borrello – pag. 47 Maropati – pag. 53 Melicuccà – pag. 59 Melicucco – pag. 61 Molochio – pag. 67 Oppido Mamertina – pag. 71 Palmi – pag. 77 Polistena – pag. 84 Rizziconi – pag. 90 Rosarno – pag. 96 S. Ferdinando – pag. 97 S. Giorgio Morgeto – pag. 101 S. Pietro di Caridà – pag. 103 S. Procopio – pag. 105 S. Cristina d’Aspromonte – pag. 111 S. Eufemia d’Aspromonte – pag. 116 Scido – pag. 122 Seminara – pag. 126 Serrata – pag. 129 Sinopoli – pag. 132 L’antica Università di Calabria – pag. 134 Taurianova – pag. 137 Terranova S.M. – pag. 142 Varapodio.

Segue una selezione del miglior folk calabrese. Per un momento di relax, ecco alcune curiosità riguardanti i nostri Comuni. In passato, quando ad Anoia esisteva un convento dei Padri Minimi, il procuratore della festa di S. Francesco di Paola pare abbia approfittato del danaro offerto dai fedeli. Ma ecco che durante la notte, mentre riposava, il Santo cominciò a bastonarlo… di santa ragione. Era un buon motivo perché si ravvedesse: “Rrobba ’i stola hjùhhjala ca vola”. (Quanto sottratto al sacro si dilegua con un soffio).

A Candidoni si racconta che il torrente S. Nicola, dopo tanti giorni di pioggia, stava per straripare. Gli abitanti allora decisero di portare la statua del loro Santo in processione sul posto. Le acque, quindi, si ritrassero e il paese fu salvo. La bellezza incomparabile di Cinquefrondi aveva tanto conquistato S. E. il principe D. Luigi Pignatelli, Duca di Casoria, che a stento si è riusciti a distaccarlo dalla visione. A Cittanova si ricorda la rivolta di Spartaco, rifugiatosi sui nostri monti. Per confinare il nemico e farlo arrendere, Crasso iniziò la costruzione di un muro per 60 Km attraverso la punta d’Italia. La presenza di ruderi nella zona aspromontana potrebbe essere riconducibile all’imponente opera militare.

A Cosoleto, per la ricorrenza della Madonna degli Angeli, il Comitato aveva deciso di fare a meno della banda musicale. Ma il caso volle che si trovassero a passare nelle vicinanze i componenti il complesso bandistico “Città di Melicuccà” diretti in altro paese. Ed essendosi imbattuti con una bella signora, chiesero informazioni del luogo in cui avrebbero dovuto esibirsi. La donna indicò Cosoleto e quelli si recarono sul luogo ad allietare l’evento.

A Delianuova, nell’antica fontana di S. Elia, costruita con mattoncini a vista e rimasta dopo il “Flagello” del 1783 vi è una maschera apotropaica in pietra verde. Al di sopra una targa marmorea invita in latino volgare: “Quis quis es fruere laetus bibe gratus abi memor”. (Chiunque tu sia, godi lieto, bevi grato, parti memore).
Si narra che a Feroleto della Chiesa Papa Silvestro, per sottrarsi alla persecuzione di Costantino, si rifugiò nella Chiesa di S. Nicola dove venne accolto benevolmente dalla gente. Pertanto, investì il luogo sacro del diritto di grazia. I pentiti che toccavano i muri dell’edificio si rendevano immuni dai rigori della Legge.

A Galatro nel 1075 giunsero i monaci basiliani che fondarono il Monastero di Sant’Elia, in quanto si tramanda vi fosse custodito il corpo del Santo. Ai frati si deve la scoperta delle fonti termali che scaturiscono in una stretta gola del Monte Livia.

A Giffone, quando un bambino era affetto dal “magulà” (parotite) veniva portato da una donna esperta in arti magiche per il “pricantatu” (scongiuro).

Fin dall’antichità è decantata la bellezza di Gioia Tauro, come dimostra Gaio Lucilio nelle sue “Satire”: «Vedrai ciò che prima desiderasti – a Metauria si tiene un mercato annuo – l’agro è fertile e il mare pescoso».
Si racconta che i nobili di Borrello (l’odierna Laureana) abbiano nascosto dentro il “pozzo di Celestina” il loro tesoro per salvarlo dalle incursioni nemiche. Una strega, divoratrice di persone, lo proteggerebbe. Per venirne in possesso bisognerebbe buttare nel pozzo un cane tutto nero senza un pelo bianco, o un cane tutto bianco senza un pelo nero, oppure un bambino non ancora in grado di parlare. Finora nessuno ha tentato la prova per cui il tesoro si trova là!

A Maropati, nell’abitazione dell’avv. Cordiano, un’immagine della Santa Vergine del Rosario di Pompei versò lacrime di sangue (anno 1971). Un altro fenomeno si verificò tre anni dopo nella Chiesa parrocchiale di S. Giorgio Martire del paese: un’ostia consacrata apparve con 23 strisce di sangue fresco.

A Melicuccà, per la credenza popolare, il “folletto” (fajettu) era una creatura piccola e agile che turbava le notti delle ragazze e opprimeva i neonati nella culla cercando di soffocarli. Tanti giurano d’aver incontrato lo spiritello dispettoso.

Nella contrada S. Antonio, nei pressi di Melicucco, sorge un gigantesco ulivo la cui circonferenza base è di 13 metri. Furono i monaci basiliani ad introdurre la coltivazione dell’ulivo in Calabria.

Nella Chiesa Matrice Santa Maria de Merula di Molochio una pregevole statuetta del Bambino Gesù (della Scuola Napoletana del XVII secolo) viene esposta per il Natale e fatta baciare durante la S. Messa dell’Epifania. Un detto popolare, per accentuare la vetustà di qualcuno, recita: “E’ cchjù vecchiu du’ Bambinedu ’i Mulòchiu!”.

A Oppido M. nel 1971 esplose il famoso caso letterario del romanzo “Il previtocciolo”, firmato con lo pseudonimo di don Luca Asprea e pubblicato dalla Feltrinelli. Il sesso è il tema dominante del libro.

A Palmi, dal 2013 la “Varia” (l’imponente macchina votiva) è stata riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio culturale dell’umanità.

Scrive D. Valensise di Polistena a proposito delle false credenze popolari: «Allorquando l’ammalato è presso a finire, e per naturale fenomeno gli si prolunghi oltre l’usato l’agonia, si ha dei terrazzani che credono poterlo fare uscire presto di vita, e così toglierlo dall’ambascia che lo travaglia, col mettere sotto il letto ove lei si giace un giogo di buoi».

A Rizziconi, il luogo tra il vecchio mulino e la stazione della Calabro Lucana è chiamato il “Passo dei cavalli”, a ricordo dell’evento del 1495 allorquando la fanteria spagnola, respinta dalla cavalleria francese, si piegò in rotta fra le paludi del paese. Qui Giovanni d’Altavilla, nel cedere al figlio del Re il suo cavallo, perse la vita.

Nei pressi di Rosarno il giovane Carlo III di Borbone, Re delle Due Sicilie, colto da un improvviso temporale riparò in un tugurio dove una donna aveva da poco partorito. Il re “volle che il bambino portasse il nome di Carlo; si fece suo padrino; donò cento doppie d’oro alla madre; assegnò al fanciullo venticinque ducati al mese finché in età di sette anni venisse alla reggia”. (Da: Pietro Colletta: “Storia del Reame di Napoli”).

Il generale Vito Nunziante, fondatore del paese di San Ferdinando, nel 1815 ebbe l’incarico di occuparsi di Gioacchino Murat (eletto nel 1808 re di Napoli) durante la prigionia a Pizzo. Prima che il cognato di Napoleone fosse fucilato, Nunziante lo trattò con ogni riguardo, per cui apparve sospetto al Borbone. Ma quando Vito chiese di venire giudicato, invece d’esser punito fu elevato di grado civile e militare.

A S. Giorgio Morgeto la gente immaginava che attorno al loro Castello si aggirassero la chioccia e i pulcini d’oro, come pure le “Jovisse” (leggiadre figlie di Giove). Nel paese vi è anche il più stretto vicolo d’Italia (di soli 40 cm). A Prateria di S. Pietro di Caridà, dopo la disfatta di Caporetto, con il legname dei boschi venne fabbricato l’85 per cento dei calci di fucile per la truppa.

La piccola Chiesa degli Afflitti di San Procopio ospita opere di valore e venne elevata a Santuario nel Giubileo del 2000. Si tramanda che un tempo, durante la veglia notturna che precede la festa, si vide l’effigie della Vergine girare vorticosamente nella lampada il cui olio ribolliva e cadeva sul pavimento, senza consumarsi. I fedeli lo raccoglievano con pezzi di cotone e lo posavano per guarire sulle parti del corpo. Dopo venti anni di attesa, S. Cristina d’Aspromonte il 21 novembre 1900 ottenne il suo Ufficio Telegrafico. Nel 2001 venne emesso un annullo filatelico per commemorare il centenario.

Nella montagna di S. Eufemia d’Aspromonte, Giuseppe Garibaldi venne ferito al piede destro (agosto 1862) dai soldati del colonnello Pallavicini. Nel breve scontro morirono cinque militari e sette volontari. A ricordo, sul luogo sorge il “Cippo”.

A Scido si racconta che Maria e Giuseppe camminavano cercando il fresco, quando s’imbatterono in una palma da datteri. La Santa Vergine espresse il desiderio di un frutto che l’anziano sposo non si sentiva di cogliere. Ma l’albero, con uno sforzo, s’inchinò permettendo alla Madonna di prendere un dattero. Giuseppe notò il miracolo, in quanto fioriva anche il bastone che teneva fra le mani.

A Seminara, con un corteo storico, si rievoca l’ingresso dell’imperatore Carlo V di ritorno dalla campagna d’Africa (avvenuta nel novembre 1535).

Per Serrata ho considerato l’affermazione del prof. Francesco Fiumara: «Se avete letto un libro interessante sino alla parola fine, non pensate che il libro in quel punto sia davvero finito. Proprio da quel momento avrà inizio per il libro una seconda vita, ossia una seconda lettura, che si eseguirà dentro di voi col linguaggio segreto delle parole non scritte. Saranno parole nuove, sottese alla vostra meditazione, che vi accompagneranno per tutta la vita».

A Sinopoli si tramanda la leggenda delle Amazzoni, secondo la mitologia greca un popolo composto di sole donne guerriere che si recidevano il seno per meglio tendere l’arco e combattere. Catturavano gli uomini ed i maschietti dei paesi vicini e li uccidevano.

A Taurianova è ben noto l’evento de “Il Miracolo” del 9 settembre 1894 allorquando, al termine dei festeggiamenti patronali si vide la venerabile immagine della Vergine della Montagna posta nel Duomo di Radicena presentare il volto trasfigurato e muovere gli occhi rifulgenti di luce con singolare vivacità.

A Terranova Sappo Minulio nel XV secolo, quando i Saraceni infestavano anche le nostre contrade, un manipolo di costoro, sfondata la porta della sagrestia dov’era il SS. Crocifisso cercavano di dar fuoco alla sacra immagine. Ma una rossa fiamma, come di sangue, illuminò quel luogo, mentre i sacrileghi presi di spavento si davano a precipitosa fuga per l’improvvisa forte scossa di terremoto avvenuta verso le ore 21 del 27 marzo 1638.

A Varapodio, la nota fontana “Asso di Coppe” di piazza S. Nicola, realizzata in pietra reggina (blocco di 270 q. di peso) e inaugurata nel 2002, ha riproposto l’antico simbolo della città che era andato distrutto.
Per concludere, riporto l’affermazione del grammatico latino Terenziano Mauro: “Habent sua fata libelli”. Auguro, così, che la mia modesta opera incontri il consenso dei lettori.