Vincenzo Speziali (UdC): “E` stato crudele etichettare i giovani morti di San Luca. Non lo accetto”!
Vincenzo Speziali (UdC): “E` stato crudele etichettare i giovani morti di San Luca. Non lo accetto”!
Ho riflettuto parecchio prima di tornare sull’argomento e lo faccio ora, a tumulazione avvenuta, orbene ad esequie celebrate, poiche` sarebbe d’uopo la massima latina -con relativa conseguenzialita` ottemperante- ‘parce sepulto’ (tradotto: bisogna rispettare i morti).
Ho ‘sollevato’ io -con rabbia, dignità, sincerita` e dolore!- la questione dei pleonasmi informativi, in merito alle origini familiari e i relativi ‘moralismi’ crudeli, avverso la di loro condizione ‘affettiva’, in riferimento ai deceduti, nel sinistro stradale dell’Epifania, allorquando essi sono stati ‘spogliati’ di un giusto riguardo:l’ho e lo rifarei, senza indugio ed esitazione.
Parliamo di quattro -dico e ribadisco quattro!- giovani sanluchesi, Comune afferente alla mia Bovalino e quindi, quasi ‘conurbato’, al pari di Plati` e, persino, degli altri Municipi di ‘ricadenza’, nella Costa Jonica Reggina.
Nelle mie parole si vuole intravedere una sterile polemica? No, semmai ‘difendo la mia gente’, con convinzione!
Persino la Camera Penale di Catanzaro -che ringrazio!- ha dato ragione al sottoscritto, sulla base di un loro documento pubblico, perché certo modo di fare giornalismo è raccapricciante, quasi al limite del disprezzo della dignita` umana e del dolore affettivo, cagionato da un assurdo sinistro in strada.
Ho, però letto con attenzione le parole di Paride Leporace e in alcuni passaggi mi sono ritrovato, ma non certamente nella difesa d’ufficio -tra l’altro non condivisa e quindi irreale- del giornale su cui scrive, ovvero il Corriere della Calabria.
Tanto per dimostrare cio` che dico, lo confermo e lo argomento di seguito: io non ho mai inteso la censura, semmai oltre a trovarla insopportabile, la combatto sempre.
Ciò e`cosi` vero che proprio il sottoscritto risulta destinatario di siffatta insolente ed illegale pratica aprofessionale, per di più proprio dal giornale in questione.
Intendiamoci, al buon Leporace, chiaramente, tutto questo non lo si può imputare, quindi la colpa non è sua, bensi` risulta una disposizione -chiaramente palese- di quella che farlocccamente appello (ma non considero) direttrice!
La ulteriore riprova -circa quanto risulta vero il mio dire- verra` palesato nella ennesima non pubblicazione -proprio dal Corriere della Calabria- di questo mio intervento, il quale però sarà, in ogni caso, da altri ospitato (cosi` avro` ulteriormente giusta motivazione nel far lecitamente presente presso i restanti ed esigui inserzionisti, quale abominio del ‘giornalismo’ sostengono, senza dimenticare quanto la prassi sia, non solo sotto l’aspetto deontologico bensi`dal punto afferente alla vigente normativa, ‘contra legem’).
Potrei aggiungere dell’altro in merito a suddetto sito on line, del genere che al pari dei loro megafonizzati, si ritrovano sotto procedimento giurisprudenziale innanzi all’Autorita` Giudiziaria a Beirut -legittimamente competente, pure in base al Trattato Bilaterale esistente con l’Italia- ma su ciò sorvolo: non sono certo uno aduso alla meschinità, tipico comportamento dei miserabili miserevoli!
Eppure, a Paride Leporace, non foss’altro in ossequio alla mia stima verso di lui -stima giornalistica, culturale, intellettuale, morale, professionale, ed umana- devo alcune riflessioni.
Io per primo, con sincera consapevolezza -quindi scevro da qualsivoglia strumentalita`- ho fatto notare, proprio in virtu` di umani sentimenti e in forza della ‘pietas’ sincera, come sia stato -potremmo definirlo così?- superfluo, non solo raccontare il motivo della ‘tragica trasferta’ (difatti in nessuna simile occasione, nei precedenti e successivi articoli, si è notato ciò e così è avvenuto!).
Soprattutto, quel commento, superfluo, scomposto, fuorilugo, in capo a due delle vittime, epitetandole -da incensurate!- quali appartenenti a notorie famiglia di ‘Ndrangheta, ha lasciato un certo non so che di sconcerto e di insensibilita`.
No, per me è stato insulso, cioè privo di qualunque contenuto umano, anche considerando che una di essere, lascia orfana una neonata di appena sei mesi.
Dov’e` l’etica professionale? È quella di voler smerciare un giacobinismo moralistico, quale valore civile? Oppure è il trincerarsi in uno stucchevole, sterile, fittizio, percio` non autentico -e nemmeno appropriato- professionalismo giornalistico, il quale lo si rivendica con la giustificazione di non essere adusi alla censura (mentre ho gia` dimostrato che essa, proprio da questo giornale, viene perpetrata, certamente nel mio caso, ed avverso a me medesimo).
In piu`, rivendico il voler difendere la dignità della gente del mio territorio, non facendo certamente sconti allorquando vi sono comportamenti stigmatizzabili e di fatti ho preso pubblica posizione, con riflessiva critica, in lungo all’ignobile atto bullistico (ed illegale) di giovinastri bovalinesi (così li ho definiti!), in danno di un povero immigrato nella notte di Capodanno. Puntualmente, la mia dichiarazione è stata omessa e essa si, che potremmo definirla censuraa, ma sempre solamente da il Corriere della Calabria.
Purtuttavia, non si può sopportare il marchio a sangue di un qualunquistico luogo comune, quando il tutto non diviene altro se cliché basati su pregiudizi e niente più.
No, Bovalino, San Luca, Plati e gli altri Comuni, non sono solo, esclusivamente e comunque, luoghi di Mafia, oppure come si diceva nelle puntate della Samarcanda ‘santoriana’ di datata memoria, ‘i paesi dei sequestri’ e lo dico io, proprio io, figlio del primo sequestrato d’Italia e lo dico sempre io, da successiva potenziale vittima (in più di un’occasione) del barbarico crimine in questione e ancora io lo dico da parente prossimo di noti ostaggi, tutti fortunatamente tornati ai loro affetti, cioè in seno a noi.
Avrei ben donde, quindi ad avere sentimenti giustizialisti, epperò non li ho, poiché ho deciso di non averli, in quanto compito di chi fa politica alla maniera del sottoscritto, ha il dovere e l’obbligo morale di valorizzare il territorio di origine, conoscendone le ‘storture’, ammentendole pure, ma lavorando con passione, alfine di migliorare e magari cambiare -certamente in meglio- le condizioni di vita dei propri concittadini.
E comunque, non posso esimermi, di ripensare ad un grande giornalista -nonché politico e pubblico amministratore onesto ed amantino- espressamente citato da Paride Leporace, ovvero mi riferisco alla buonanima di Toto` Delfino.
Caro Leporace, al netto che pure Toto` mi ha cresciuto come tanti, intendo confermare le di lei parole cioè “derise i potenti e pianse per gli ultimi”, anzi le ho parafrasate -pur sempre attenendomi alla verita`- ovvero, ricordandomi quello che realmente fu: combatte` i soprusi e diede voce dignitosa ai deboli!
Per dirla tutta sino in fondo, Toto` Delfino, destetava le ‘campagne da caccia alle streghe’, così come grido` indignato contro tutte le forme dell’abuso di potere ed anche ebbe il coraggio nel mantenersi frapposto (e distante!), dal circo mediatico, moralista ed effimero, dei manetteristi togati, sempre piu spesso ‘spalleggiati’ da ‘giornalai’ -giammai giornalisti.
Proprio costoro, quindi, non sono degni dell’appartenenza alla categoria di Indro Montanelli, Leo Longanesi, Oriana Fallaci, Gianni Letta e Vittorio Feltri, tanto per fare degli illustri esempi, poiché Toto` Delfino, da giornalista, da docente, da preside, da pedagogo e ‘formatore’ culturale, ma, principalmente da intellettuale e politico, non si ‘intruppava’ nell’ideologicume, tipico di chi ha bava alla bocca e smercia moralismi un tanto al chilo.
Semmai, Totò Delfino, ‘denunciava’ soprusi e disdicevoli comportamenti di molti, i quali hanno fatto carriera a suon di ‘veline’ e non solo di esse e sempre lui, ebbe coraggio, dimostandolo sul campo, senza scodinzolare attorno ai ‘signori delle inchieste’.
L’esempio fu la giusta difesa nei confronti di suo fratello Ciccio -parlo del Generale Francesco Delfino- il quale pure egli venne stritolato da perversi ingranaggi, tipici di una certa azione giudiziaria da fanatismo iranianiano, non di uno Stato di Diritto, che deve financo conservare e coltivare la memoria, anche atteaverso il rispetto delle gesta dei suoi uomini migliori.
Di quanto affermo, ne sa ‘qualcosina’, persino il buon Generale Mario Mori.
Ecco qui, caro Leporace, il senso del mio dire e di quanto rappresento, senza dismettere l’amore verso la mia Bovalino o il suo comprensorio, così come la conoscenza dei valori di questa gente che cola` vive ed abita, pure riconoscendo gli aspetti non encomiastici, che però non sono di tutti e non predominano nell’animo di chi è così: a ciascuno, bisogna riconoscere dignità e possibilita` di riscatto resipiscente.
Io, non derogo ne` rinnego le mie radice, perché sono di Bovalino e ne vado fiero, anzi, girando nel mondo, lo ribadisco sempre!
Proprio per tali motivi, ho trovato quel surplus di ‘commentari’ (termine latino) un vilpendio morale di cadavere, senza provare -da partendo di chi lo ha fatto- un doveroso senso, quantomeno, di opportunita`.
No, io e noi, cioè la mia gente, non meritiamo ‘etichette’ a prescindire, in quanto vi sono meriti plurimi e belle storie da raccontare e rappresentare, pur se continuerò a difendere la nostra dignità, testando di rappresentare al meglio, le giuste istanze e soprattutto gli interessi della gente, che sono innanzitutto persone e come ben ci ha spiegato Aldo Moro -Moro, sempre Moro, solo Moro- “ogni persona è un universo”.