Vinicio Capossela incanta al teatro “Rendano” Viaggio dell'artista tra tradizioni, folklore, mitologia e superstizioni
di Natalia Gelonesi
Ci sono artisti e ci sono animali da palcoscenico. Vinicio Capossela è un animale da palcoscenico. Nello spettacolo che ieri sera ha incantato la platea del Rendano, lui degli animali ne assume le sembianze, ne mutua le caratteristiche, ne imita i versi. Dal gallo al “porco maiale”, fino all’ululato di quel lupo mannaro risvegliato da una luna (quasi) piena che avvolge il cielo di Cosenza.
E il palcoscenico sotto i suoi piedi diventa teatro di uno spettacolo che è molto più di un concerto: è suggestione, è magia, è un viaggio sconfinato tra tradizioni, folklore, mitologia e superstizioni. Da Proserpina a Ulisse, dalla Taranta agli archetipi junghiani. Un susseguirsi di metafore, travestimenti, magia, animismo. Un impianto scenografico e poetico che ha come filo conduttore il gioco delle ombre. Quelle stesse ombre che a volte faticano ad essere un tutt’uno col nostro corpo, che volte vorrebbero potersi staccare per vedere il sole. Quella parte più nascosta e segreta di noi che solo in pochi riescono a scrutare.
I fantastici musicisti che sostengono la sua performance sono hombre/ombre (in un geniale gioco di parole), vestiti di nero e seminascosti dall’oscurità per dare vita a un’esplosione di emozioni che rendono incandescente l’animo del pubblico. E poi c’è la protagonista indiscussa: la musica di Vinicio, con la sua poesia, il suo talento, le emozioni che negli anni ci ha regalato.
Lui, a fine concerto, queste emozioni le lancia addosso al pubblico e le sparge come stelline luminose, regalando un’intensa esecuzione al pianoforte di “Che coss’è l’amor” e facendo scivolare, tra le corde della chitarra, le note di “La notte è bella da soli”, adattamento di “La notte è bella” di Matteo Salvatore e Otello Profazio. Pubblico in piedi per applaudire questo artista un po’ surreale, non “convenziionale” e amatissimo dal suo pubblico. Un artista che – restando in tema zoologico – è pazzo come un cavallo, ma che è la dimostrazione di come non ci possa essere genialità senza un pizzico di follia. Thank you, Mister Capossela.