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Voto negato a down, sentenza boccia ricorso

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TAURIANOVA – Non finisce di stupire la vicenda del ragazzo affetto da sindrome down a cui è stato impedito di votare al prossimo referendum costituzionale. Questa volta il caso si tinge di ricorsi e tribunali. Una controversia giudiziaria che sembra essere solo all’inizio. Nelle scorse settimane, in vista dell’elezione referendaria, il padre del ragazzo si è visto respingere da un sanitario dell’ufficio di medicina legale di Taurianova dell’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria la certificazione medica che doveva attestare la necessità per il figlio di esprimere il voto in forma assistita, perché fisicamente impedito all’esercizio del voto.

Il padre aveva fatto ricorso al Tribunale civile di Palmi. Ieri è arrivata la sentenza. Il giudice ha bocciato il ricorso dei genitori. I ricorrenti avevano chiesto al tribunale di consentire l’esercizio del diritto di voto costituzionalmente garantito da parte del figlio. Chiedevano nell’atto un provvedimento urgente che autorizzava il voto assistito, sulla scorta della documentazione medica allegata, e che ordinava, allo stesso tempo, all’Asp e all’ufficio preposto per il Comune di Taurianova, di rilasciare la certificazione richiesta. Sembrava cosa scontata, visto che fino ad oggi il ragazzo di 30 anni ha sempre esercitato il diritto di voto in quanto iscritto nelle liste elettorali di Taurianova.

Ma non è stato così. Nella sentenza si legge che «non può essere concesso l’invocato decreto da parte dal Tribunale» in quanto «la richiesta proviene da soggetti che, allo stato, non risultano in alcun modo legittimati ad agire nell’interesse del ragazzo». Sembrerebbe un bizantinismo giuridico.

Nel giudizio si rileva che i ricorrenti hanno agito nella qualità di genitori del giovane «soggetto che è maggiorenne – si legge – e che tanto dall’esame della documentazione, quanto dal ricorso introduttivo, non risulta essere sottoposto ad alcuna limitazione della capacità di agire, e di cui i ricorrenti non deducono affatto essere stati nominati tutori o amministratori di sostegno, limitandosi unicamente ad agire nella qualità di genitori». E i genitori «non hanno alcun titolo per far valere in giudizio gli interessi di un soggetto che è maggiorenne, che non è stato né interdetto, né sottoposto ad amministrazione di sostegno, né inabilitato».

Una controversia assurda, avviata per sancire un diritto. Asurda in quanto il ragazzo trentenne già in passato ha espresso il suo voto. Questa volta, però, i genitori volevano seguire la via legale. «Non è giusto che sia così – sostiene il padre – visto che c’è una legge va rispettata. È la prima volta che chiediamo questa autorizzazione medico legale». «Tutto questo ora mi viene negato». «Raggirare il problema, invece, va bene. Applicare la legge – dice mortificato – non va più bene».

Pronto è stato il ricorso. In una memoria integrativa il legale dei genitori scrive che i ricorrenti hanno «piena legittimazione ad agire nell’interesse del figlio disabile, quali genitori esercenti la potestà». «Vero è – scrive – che il figlio ha raggiunto la maggiore età, ma la sua condizione deve essere equiparata a quella di un minore, ai sensi dell’art. 337 del Codice Civile, che equipara ai minorenni i portatori di grave handicap, come nel caso che ci riguarda». Il ragazzo è infatti riconosciuto invalido ai sensi di legge «e la sua condizione impone di considerare che a lui si applichino integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori».