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Gli “eroi” del Budello di Gioia Tauro

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Capita per caso che rientri ed accendi la televisione, sono le 14 e la prima cosa che fai, schiacci il pulsante del telecomando su Raitre ed ecco che viene trasmesso il TGR Calabria. Dopo qualche minuto c’è un servizio che riguarda Gioia Tauro ed i lavori di pulizia del fiume Budello. Osservi gli operai, la giornalista che li intervista, i mezzi con cui lavorano e le modalità di come vengono eseguiti. Poi, fai un passo indietro e quella parte dei ricordi sono nei proclami che sindaco e parte della politica aveva portato come bandiera di vanto, gli inizi di questi lavori in “pompa magna” come se l’ordinario diventasse straordinario. Ma quest’ultima cosa, dalle parti nostre ci può anche stare.

Dopo questa goccia di memoria, rientri ai giorni nostri, a quel servizio giornalistico e ti trovi tra la vergogna ed il raggelarsi del sangue per quanto i tuoi occhi osservano e le orecchie ascoltano, quelle degli operai di Calabria Verde, delle loro condizioni di operare e dei mezzi a loro disposizione. Non sembra il terzo millennio, quello in cui ci troviamo, ma uno spazio temporale dal punto di vista delle condizioni intorno al XVII secolo, quando mancava tutto, tranne la dignità ed il sudore del proprio lavoro. Ma, di colpo, arriva un altro flash di memoria, ed è quello che ha riguardato l’azienda regionale Calabria Verde, le decine di milioni di euro spesi e da giustificare, le spese che servivano per la Calabria i quali venivano utilizzati da un direttore generale adesso ai domiciliari, per ristrutturarsi la residenza estiva, operai compresi. Ed ora che succede? Osservi gli operai di questa azienda, appunto Calabria Verde, nell’indifferenza generale e nello stupore di chi oggi ha visto quel servizio del TGR, lavorare con mezzi preistorici e senza alcun criterio di sicurezza, sfidando la pericolosità e le leggi dello Stato sulla Sicurezza nei luoghi di lavoro. E osservi questi operai coraggiosi ed “avventurieri” che si aggrappano tra i rovi, le erbacce e tra gli argini con una misera scala senza alcun sostegno contro le cadute. E poi li vedi riemergere, aggrappati dalle braccia di altri colleghi operai, e pensi, ma in che mondo stiamo vivendo? E ci lamentiamo che la fiction “Solo”, girata a Gioia Tauro, in Calabria ancora ci descrive come dei mafiosi, come abitanti in terra di mafia e ci incazziamo pure pensando che ci denigra perché sembriamo ancora allo stato brado? Un operaio intervistato dalla giornalista sulle loro condizioni risponde più o meno così, “basta che ci pagano a noi non manca nulla” (sic!). Come per dire la disperazione al di sopra di tutto e di tutti, basta che si porti il pane a casa. Tutto questo ricorda molto la storia delle solfatare siciliane a cavallo tra il XIX ed il XX secolo, quando si usciva da casa e non si sapeva se si rientrava vivi. Luigi Pirandello, aveva descritto questa realtà in una sua famosa novella “Ciaula scopre la luna” dove i minatori venivano minacciati a lavorare in condizioni pietose, e c’era un sorvegliante di nome Cacciagallina che con la pistola in mano minacciava il protagonista della novella a cui mancava un occhio ed aveva perso un figlio a causa di un’esplosione. La paura era protagonista insieme alla complicità del buio perché la luna, quella grande sfera di luce riflessa non illuminava abbastanza la notte. Però, la fine della novella ha un momento speranzoso che scioglie ogni tensione in una commozione, l’uscita dalla miniera e la scoperta della luna che illumina il paesaggio. La speranza.

Ma erano altri tempi ed oggi siamo nel terzo millennio. Quindi, mi chiedo, oltre alla propaganda nei meriti politici, non dovrebbe rientrare anche la tutela del lavoratore? Sarà la febbre da referendum, ma vivaddio questi diritti, sulla Carta, sono rimasti tali. La tutela ed il rispetto dell’uomo prima e del lavoratore sono un passo fondamentale prim’ancora della propaganda politica.