IL CASO della scomparsa di Rosario Strangio a San Luca, i resti trovati sono umani


Di GiLar

Si delinea sempre una maggiore certezza nel caso che ha sconvolto San Luca per la scomparsa di Antonio Strangio, l’allevatore di 42 anni, perché i frammenti ossei presenti nel fuoristrada distrutto da un incendio trovato dai carabinieri il 18 novembre scorso in una zona di campagna, tra San Luca e Bovalino. L’ipotesi trova ancora più fondamento dopo che é stato accertato che i resti trovati sul fuoristrada di proprietà di Strangio sono di natura umana e non animale, come si era ipotizzato in un primo tempo.
Antonio Strangio è sposato e padre di quattro figli, non ha alcun precedente per fatti di ‘ndrangheta e la sua scomparsa ha destato sin da subito un giallo, quando in quel pomeriggio di lunedì del 18 novembre dopo la denuncia dei familiari dell’allevatore sanluchese scatta l’allarme per le ricerche.
Strangio è sposato e padre di quattro figli, e quel giorno non non era rientrato a casa né si era fatto vivo telefonicamente. Le ricerche hanno portato al ritrovamento della vettura, in prossimità della fiumara Bonamico, tra Bovalino e Bianco, dove i Ris di Messina hanno effettuato i rilievi. Certo è che seppur non con precedenti di ‘ndrangheta, nessuna pista sarebbe esclusa al momento, neanche quella che potrebbe portare ad un terribile omicidio di stampo mafioso, viste anche le modalità e se dovessero essere confermate le ipotesi che i resti umani appartengono proprio all’allevatore di San Luca.
Anche se il suo nome è noto per essere il figlio del più noto Giuseppe Strangio (classe ’54), e già condannato nel ’74 a 14 anni per un omicidio commesso il 2 febbraio del 1970, conta una serie di condanne definitive, legate ad alcuni sequestri di persona “eccellenti”: Giovanni Piazzalunga, Carlo De Feo e Cesare Casella. Le indagini degli ultimi decenni hanno permesso di inquadrare Giuseppe Strangio all’interno della potente famiglia di ‘ndrangheta dei Versaci e degli Strangio “Barbaro”.
Adesso la Procura della Repubblica di Locri per stabilire definitivamente se i resti appartengono all’allevatore, ha disposto il loro trasferimento in un centro sanitario specializzato di Messina ed è proprio in questa struttura che i frammenti ossei saranno esaminati e sottoposti ad analisi tecniche, tra cui una Tac. Successivamente, dopo che la Procura di Locri darà il via libera, sarà effettuato anche l’esame del Dna.

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