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Il commovente ricordo del sen. Mario Occhiuto per il figlio Francesco, scomparso tragicamente, nel giorno del compleanno

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29 marzo. Il tuo giorno, Chicco.

Oggi è il tuo compleanno, Francesco. Trenta anni.

E noi siamo qui, con te.

Anche se non possiamo più vederti, tu sei sempre con noi, con il tuo sorriso dolce. Nel pensiero, nei piccoli gesti quotidiani, nei silenzi che parlano di te.

Il tempo, l’assenza fisica, non hanno spezzato il nostro legame. Lo hanno cambiato, ma non interrotto.

A volte accadono piccole cose, e ci viene da pensare che non sia solo un caso. Che forse sia un modo per dirci: “ci sono ancora”.

L’altro ieri, all’improvviso, si è accesa la TV nella tua stanza. È rimasta accesa finché non l’abbiamo spenta noi, poco dopo. Un fatto inspiegabile, che ci ha fatto pensare alla tua presenza. Come se fossi lì, come se tu volessi richiamare la nostra attenzione.

Poi, ieri, sono venuti a trovarci i tuoi amici più stretti, quelli con cui avevi organizzato il viaggio per festeggiare il tuo compleanno. Ci hanno raccontato episodi, aneddoti, ricordi pieni di affetto e di sorrisi. Ci hanno detto che hanno vissuto con te momenti così belli da bastare per tutta una vita. Ci ha fatto bene sentire quanto fosse vera e profonda quell’amicizia. E in quel momento, ascoltandoli, ci è sembrato che anche tu fossi lì, in silenzio, presente tra noi.

Ti immagino oggi con lo zaino in spalla, pronto per il viaggio che avevi organizzato per il tuo compleanno con gli amici di sempre, con chi ti voleva bene davvero. Con poche cose essenziali, come piaceva a te.

Con la voglia di partire, ma anche con quella tua inquietudine sottile, che portavi dentro ogni volta che dovevi affrontare qualcosa di nuovo.

Anche tua sorella ha voluto festeggiarti: ha preparato per oggi proprio la torta che amavi di più, quella Pan di Stelle che ti faceva felice ogni anno. Un gesto semplice, ma pieno di amore. E anche in quello, c’eri tu.

Per noi, e per gli amici di sempre, sei e resterai Chicco.

Quello più riservato, attento, gentile, curioso, profondo. Quello che amava leggere, riflettere, ascoltare.

Che amava teorizzare su ogni cosa.

Murakami era il tuo scrittore preferito. Forse perché, come nei suoi romanzi, anche nella tua mente realtà e immaginazione si intrecciavano.

L’ultimo libro che mi hai regalato è ancora qui accanto a me. Lo sto rileggendo ora, per sentirmelo più vicino.

Mi mancano i tuoi consigli. L’ultimo che mi hai dato è stato: “Non giudicare mai superficialmente papà, perché non puoi sapere cosa c’è dietro una persona.”

Credevi nell’unicità di ognuno, nel valore dell’ascolto, nel cercare di aiutare chi lotta in silenzio.

Provavi a tenere testa ai tuoi pensieri intrusivi con coraggio, con la psicoterapia, con la lettura, con la forza del ragionamento.

Dicevi che siamo tutti diversi, e che non si può pensare con lo stampino.

Pochi giorni fa, ad Assisi, davanti al sepolcro di Carlo Acutis, ho letto una frase che sembrava scritta da te: “Tutti nascono originali, molti muoiono fotocopie.”

Amo tutti i miei figli allo stesso modo, con un amore profondo, senza condizioni.

Ma con te è stato diverso.

È come se ti avessi generato una seconda volta, il giorno in cui hai avuto bisogno di me. Da allora sei stato il mio primo pensiero ogni mattina, ogni sera, ogni istante.

E ora che non posso più stringerti, sento un vuoto che pesa sullo stomaco, una ferita che non si chiude.

Mi manca terribilmente la sensazione di stringerti forte a me, quando ti addormentavi accanto a me sul letto, dopo aver guardato qualcosa insieme, o in quei momenti in cui ti sentivi più vulnerabile e venivi a parlare. E oggi quel bisogno, quell’abbraccio, mi manca come l’aria.

È un dolore che non solo fa male. È un dolore che ti cambia.

E anche se la fede, da quel momento, è diventata per me una lotta, riesco ancora a dire grazie. Grazie a Dio.

Per averti avuto accanto, per gli anni che ci sono stati donati, per l’amore che abbiamo vissuto.

Un amore che non si è fermato, ma che continua in una forma nuova, più silenziosa, più dolorosa, ma sempre vera.

In tutto questo tua mamma, tuo fratello e tua sorella sono stati più forti di me. Mamma, con la forza della sua fede, con il suo modo di esserci sempre, anche quando le parole non servono.

È con loro che oggi ti pensiamo, ti festeggiamo dolcemente, anche attraverso quelle belle foto dei tuoi ultimi compleanni. E che, soprattutto, ti amiamo.

Non voglio che questo amore resti legato solo al dolore. Voglio che diventi qualcosa di vivo. Un filo che ci lega e che continuerà sempre nello spazio e nel tempo. Un gesto che resta. Per te, per me, per chi, come te, lotta in silenzio e ha bisogno di essere capito, sostenuto, accolto.

So che non sarò solo in questo cammino. Per me portare avanti qualcosa di ciò in cui credevi mi aiuta a tenerti vicino. È un modo per sentirti ancora parte della mia vita.

Per dare un senso a tutto questo.

Oggi, come ogni giorno, sei con noi, Chicco. Con il tuo sorriso, con i tuoi libri, con le tue incertezze, con i tuoi sogni.

Buon compleanno, Chicco.

Spegni le candeline.

Con papà e mamma, Giovanni e Maria Clara.