Il Paese sta vivendo un momento drammatico per i principi cardine dello Stato di Diritto. Da qualche tempo a questa parte, sotto la spinta della instabilità e della preoccupazione, per il dilagare della criminalità organizzata, il Legislatore sembra divenuto poco credibile per la produzione disordinata ed aberrante di disposizioni legislative, relative alla libertà personale dei cittadini e alla autonomia e indipendenza della Magistratura.
I provvedimenti legislativi, sfornati, a iosa, in clima di emergenza e di urgenza, da un lato, sembrano appagare le aspettative dell’uomo della strada e di certa stampa, in affannosa ricerca di grossi scoop pubblicitari, dall’altro lato, feriscono, e, talvolta, mortalmente principi fondamentali di ogni civile democrazia, che faccia riposare la sua essenza sulla certezza del diritto.
A completamento di un quadro, già fosco e sberciato, non consola una “decretazione” d’urgenza, tanto usata, quanto contraddittoria con la regolare produzione legislativa del Parlamento.
Il decreto legge, ricordiamolo, deve rappresentare, sempre, un momento eccezionale della legislazione, in una Repubblica democratica. Nella storia dei popoli, infatti, è stato super usato, fino all’abuso, da Papi, Principi e Dittatori di ogni specie e colore! Ed ha, sempre, provocato più vittime e sangue dei beni, che si volevano, con tale forma di decretazione, proteggere.
Si è, però, dimenticato che non si possono cambiare le carte, in tavola, quando il gioco è già in corso.
Intendiamo riferirci all’altro pericoloso attentato alla civiltà giuridica del Paese e all’inviolabile principio della tutela della personale libertà del “chiunque”, rappresentato dalla retroattività della legge penale.
Guai ad abbandonare la strada maestra dei tempi della migliore cultura giuridica, da Roma ad oggi, vecchia, se si vuole, ma sempre attuale, perché sempre valida per la tutela delle civili libertà. Ed infine, foriera di barbarie giuridica appare la interferenza dell’Esecutivo sulle pronunzie dei Giudici.
Il Giudice della Repubblica deve, per dettato costituzionale solamente “interpretare” ed “applicare” la legge. Non ci possono essere interventi, di sorta, in questi due momenti; se ci sono torniamo al cesarismo, all’ancien regime; al fascismo (lo usò, in verità con i suoi Tribunali Speciali e non con la Giurisdizione ordinaria); al nazismo, fedele erede del pan-germanismo; ai peggiori momenti delle Procure “unificate” del sistema stalinista.
Tutti, nel tempo, hanno voluto liberarsi da questa brutta genia delle interferenze.
I Magistrati più indipendenti, trasparenti e colti della Repubblica, interpretano ed applicato la legge e nessuno, neanche il Ministro, può interloquire, se vogliamo salvare la faccia, anche nei confronti dei giuristi del Terzo Mondo.
Il Giudice, nelle giurisdizionali pronunzie, specie se collegiali, può essere censurato o corretto, solamente dal Giudice, di grado superiore, o, in ultima istanza dalla Suprema Corte di Cassazione, in sede di esame di legittimità del provvedimento in questione.
Qualcuno, ben più autorevole di chi scrive, ha detto che è la prima volta nella storia d’Italia, che si verifica il grave impasse, ed io aggiungo: speriamo che sia, anche, l’ultima volta, se non si vuole celebrare il funerale dello stato di diritto e della stessa democrazia della Repubblica.