“NEW YORK – L’annuncio del Nobel della letteratura e’ stato per Mario Vargas Llosa ”una sorpresa totale perche’ pensavo che ormai mi avessero dimenticato”, anche se per un po’ lo scrittore peruviano ha temuto si trattasse di ”uno scherzo di cattivo gusto come era successo ad Alberto Moravia proprio quando mi trovavo in Italia”. Davanti a decine di telecamere e di giornalisti, Vargas Llosa, 74 anni, ricostruisce cosi’ a New York, per la prima volta pubblicamente, i momenti in cui ha ricevuto all’alba una telefonata dalla Svezia, molto disturbata, da un persona che sosteneva essere il segretario generale dell’Accademia svedese. La conferenza stampa di Vargas Llosa si svolge nell’auditorio dell’istituto Cervantes di New York, una delle sue citta’ insieme con Lima e Madrid, perche’ in questo semestre sta insegnando a Princeton, il prestigioso ateneo del New Jersey. La scelta del Cervantes, il centro culturale spagnolo, non e’ affatto casuale, perche’ come ricorda lo stesso scrittore la Spagna e’ il suo paese d’adozione, che lo ha lanciato e lo ha accolto quando il Peru di Alberto Fujimori voleva revocargli la nazionalita’ peruviana. ”Erano le cinque e mezzo del mattino, ero sveglio come sempre e stavo leggendo, quando mia moglie Patricia mi porge il telefono – racconta il neo premio Nobel -. All’inizio mi e’ venuta l’angoscia perche’ queste telefonate spesso non portano belle notizie”. ”Una voce lontana mi ha detto di essere il segretario generale dell’accademia svedese – prosegue Vargas Llosa – e poi la linea e’ caduta. A un certo momento ho temuto uno scherzo di cattivo gusto”, come a Moravia, ”ma la persona ha richiamato dopo cinque minuti dicendomi che tra 14 minuti la mia vittoria sarebbe stata annunciata ufficialmente e che mi aspettano a dicembre” a Stoccolma. Dopo aver ringraziato i suoi collaboratori ed editori, la Spagna ed ovviamente i suoi lettori, Vargas Llosa spiega che ”non e’ stato premiato solo uno scrittore ma anche la meravigliosa lingua spagnola parlata da 500 milioni di persone, una delle piu’ dinamiche e con energie creative fortissime”. E poi aggiunge: agli occhi del mondo ” per decenni l’America Latina e’ stata solo dittatori, rivoluzionari e catastrofi. Adesso sappiamo tutti ci sono artisti, musicisti, pittori, scultori e scrittori”. E il Nobel di oggi ”riconosce l’importanza della letteratura dell’America Latina, che ha conquistato il diritto di cittadinanza”, chiosa. Il discorso a Stoccolma? ”Non ho avuto il tempo di pensarci, non mi sono ancora fermato un attimo”, spiega lo scrittore, convinto ”che la mia scrittura rimarra’ la stessa anche se la mia vita sara’ meno tranquilla”. E’ un riconoscimento delle sue prese di posizioni contro le dittature? ”E’ un premio letterario e spero mi sia stato dato per le mie opere letterarie e non per le mie posizioni politiche. Ma se le hanno prese in conto, ne sono contento”, spiega Vargas Llosa prima di ringraziare in maniera sibillina – rispondendo ad un’altra domanda – il suo ‘nemico’ colombiano Gabriel Garcia Marquez ”per le parole gentili pronunciate” oggi. I due Nobel sudamericani non si parlano da oltre 30 anni.
di Massimo Lomonaco
Mario Vargas Llosa e’ nato ad Arequipa, in Peru’ il 28 marzo 1936 ed ha 74 anni compiuti. Durante tutta la sua produzione letteraria, ma anche teatrale, ha costruito – per usare le parole della motivazione con cui oggi l’Accademia svedese gli ha assegnato il Nobel – una cartografia ”delle strutture di potere e per le sue immagini affilate dalla resistenza dell’individuo, della sua rivolta, e del suo scacco”. Una letteratura fortemente ideologica, di critica radicale appunto del potere ma senza alcuna rinuncia alle infinite sfaccettature delle persone e ad una grandissima capacita’ descrittiva. Llosa esordisce nel 1959, ma nel 1963 ha un buon successo con la ‘La citta’ e i cani’, ambientato in un collegio militare di Lima. Tre anni dopo e il momento della ‘Casa verde’ e nel 1969 ‘Conversazione nella cattedrale’. Nel 1973 scrive ‘Pantaleón e le visitatrici’ e nel 1977 ‘La zia Julia e lo scribacchino’.