La fantastica storia del cavallo Ribot

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Ribot, uno dei cavalli da corsa più famosi nella storia italiana e internazionale, ha scritto pagine indelebili nel mondo dell’ippica, diventando un vero e proprio simbolo di orgoglio nazionale e di rivalsa per un’Italia uscita dalla Seconda Guerra Mondiale con le ossa rotte e il morale a terra. Con un record impeccabile di sedici vittorie in tutte le corse dal 1954 al 1956, Ribot è diventato il Campione dei tre anni, un fenomeno che ha incantato l’Italia e il mondo, gli appassionati di corse dei cavalli e non solo.

Nonostante sia nato in Inghilterra, precisamente a Newmarket, nel 1952, Ribot è una vera eccellenza italiana. Proprietà della scuderia Razza Dormello Olgiata di Federico Tesio (rinominata, a ragione, la casa dei campioni), uno dei più importanti allevatori di purosangue nella storia dell’ippica italiana, Ribot è il risultato di una selezione accurata operata dal geniale Tesio stesso che, scegliendo attentamente sia la madre che il padre di Ribot, riuscì a creare un incrocio straordinario che avrebbe dato vita a un campione senza precedenti che il mondo ricorderà per sempre.

Certo è che per parlare di Ribot, raccontando i suoi successi e le sue trionfali galoppate, non si può fare a meno di menzionare il legame speciale con il suo fantino, Enrico Camici. Camici è stato al comando di Ribot fin dalla sua prima vittoria il 4 luglio 1954 a Milano. Questo connubio unico tra due eccellenze italiane ha contribuito al successo straordinario del cavallo e a creare una storia che ancora oggi è degna di essere raccontata. Frankie Dettori, famoso fantino vincitore di numerose gare prestigiose, descrive il rapporto tra un purosangue e il suo cavaliere come un’unione in cui rispetto reciproco e comunicazione attraverso il linguaggio del corpo sono essenziali.

Ribot, nonostante un aspetto fisico inizialmente ordinario e ad un occhio esperto quasi sgraziato, possedeva una caratteristica anatomica unica e irripetibile: a ogni ispirazione, immagazzinava 26 litri d’aria, il 30% in più rispetto a un normale cavallo da corsa, grazie a una cavità toracica più profonda. Questo aspetto, unito a un grande cuore, un’intelligenza straordinaria e una leggerezza ineguagliabile, ha sempre fatto sì che Ribot non galoppasse, ma letteralmente volasse.

Il 7 ottobre 1956, data fondamentale nella storia di questo campione, segna al tempo stesso il culmine e la fine della carriera di Ribot. Il giorno del suo secondo trionfo consecutivo all’Arc de Triomphe coincide, infatti, anche con il ritiro dal mondo delle corse.

Tutti gli appassionati delle corse cavalli oggi sanno bene che un talento come quello di Ribot è impossibile da ritrovare: le sue caratteristiche fisiche, unite al legame speciale con il suo fantino e alla determinazione di competere e lottare per ogni singola vittoria lo rendono un esemplare tutt’oggi unico che il mondo dell’ippica, e della storia, non dimenticheranno mai. Un esemplare unico che, anche dopo la sua scomparsa, è stato in grado di dar vita a qualcosa di ineguagliabile.

Alla sua morte, il 30 aprile 1972, seguì infatti la sua seconda vita come leggenda. Ribot, il cavallo più forte del secolo, Ribot l’imbattibile, aveva scritto la sua storia indelebile nelle pagine dell’ippica mondiale e la sua eredità era destinata a vivere attraverso le storie raccontate dagli appassionati di cavalli e dagli amanti dello sport, ricordando sempre il grande Ribot, il campione immortale che ha fatto sognare e vibrare un’intera nazione.