In questa eterna ode bucolica, piena di cromie luminose, l’eclettico vate, grande genio della poesia contemporanea, ci trasporta in uno scenario agreste altamente evocativo, dove la natura si presenta rigogliosa in alcune articolazioni, anche se il finale è un po’ amaro.
LA GRANDE QUERCIA
(A cerza da gudina)
Splendevi rigogliosa innalzandoti al cielo,
dominando fiera ubertose contrade.
I tuoi rami grandi,
oh “cerza da gudina”,
sempre pieni di foglie verdi,
erano sicuro rifugio di tanti volatili
e riparo accogliente per i viandanti del tempo!
Quant’era bello vederti
– raccontano i vecchi –
oh “cerza da gudina”.
Tutto gioiva e fioriva con te:
il fiume impetuoso ti passava vicino
quasi a sfiorare dolcemente
le tue leggiadre chiome,
i fiori sbocciavano
e una prelibata osmosi
di colori e profumi
soave si librava nell’aria,
l’usignolo, beato, cantava
e di te tesseva le lodi
oh immensa “cerza da gudina”.
Ed il sole con i suoi caldi rai dorati
ti accarezzava rendendoti
ancora più bella,
oh indimenticabile “cerza da gudina”.
La tua grande leggenda
girovagò nel mondo
poesia sublime di armoniose passioni
e gli uomini ad ammirare
siffatta bellezza di grande creato!
Or, però, tu non ci sei più
oh maestosa “cerza da gudina”
e non s’ode più l’incantevole
canto del beo usignol,
le acque del rio sono sparite
e pure il profumo dei fior
e i rai del sol non ti toccano più!
Addio “cerza da gudina”
il sogno è svanito:
la tua leggendaria beltà è finita!
Mario Cannizzaro