Lucia, rinnega tuo papà, fai contenti gli “antimafiosi” di professione
a cura di GIUSEPPE LAROSA
La lanterna di Diogene
Lucia, rinnega tuo papà, fai contenti gli “antimafiosi” di professione
a cura di Giuseppe Larosa
Lucia Riina parla, discute e lo fa con un’intervista alla televisione svizzera, e come una figlia eccellente che si rispetti, è “fiera del cognome che porta”. Lucia è la figlia del Capo dei capi di Cosa Nostra, l’uomo delle stragi, il mandante “materiale” di Capaci e Via D’Amelio, dove persero la vita i giudici Falcone e Borsellino: “Totò u curtu”.
Lucia Riina, inconsapevolmente (?), ha dato un assist all’antimafia sociale e non, quella che si indigna su ogni cosa, quella che parla sempre (e molte volte senza nemmeno pensare), e che distribuisce i patentini di legalità e stabilisce se uno è mafioso, antimafioso o meno. Quella che per una bandiera di indignazione, poi si lamenta se non viene dato a loro, uno scranno parlamentare e si infigna pure se non lo fanno. Quell’antimafia che seppur apparentemente si indigna, non lo fa specie con loro stessi. Un esempio? Magari si è figli di magistrati uccisi dalla criminalità organizzata con un patto scellerato tra Cosa nostra e ‘ndrangheta ed allo stesso tempo per una “poltrona” parlamentare, si candidano (e purtroppo, vengono eletti), con una formazione politica il cui leader, è un pregiudicato, accusa alcuni magistrati di avere delle “turbe psichiche” e va a manifestare contro una sentenza definitiva in piazza.
Hessel in uno dei suoi più famosi libri disse che <>.
La figlia di Riina ha fatto quello che qualsiasi figlia o figlio, avrebbe fatto. Ha elogiato il padre dicendo che per lei è stato ed è un padre meraviglioso. Dicendosi dispiaciuta per le vittime di mafia, ordinate da Totò, ma sempre dispiaciuta è, però, è la figlia. Sangue del suo sangue. Una figlia che ha vissuto in un mondo tutto loro, fuori da ogni logica di indignazione e sempre al potere, quello criminale. Quello che comanda e se non esegui gli ordini, ti ammazza.
Non credo e non lo penso minimamente che Lucia Riina vada condannata per le sue parole, la critica è doverosa, anzi indispensabile. Ma la condanna è eccessiva. Essa serve solo a dare una sorta di “visibilità” dell’antimafia sociale per dire che “ehi, c’è qualcuno? Noi ci siamo ancora, ci calcolate?”.
Lucia Riina fa una riflessione umana e sociologica, affermando che è «dispiaciuta» per le vittime del padre, ma, allo stesso tempo, che «siamo tutti figli di qualcuno e non bisogna restare nel passato ma andare avanti per noi, per le generazioni future».
A queste parole c’è stato chi ha provato “sconcerto”, chi “nauseata” e chi addirittura ha cantato vittoria perchè il video dell’intervista è stato rimosso dal sito della tv svizzera. Riina censurato (sic!).
Mi chiedo, e chiedo, quanti “figli di”, avrebbero rinnegato il proprio genitore? E quanti, come Lucia Riina, avrebbero detto “mio papà è una belva sanguinaria ed io lo rinnego”. Quanti?
E mi chiedo, se ci sono figli che rinnegano la storia dei propri genitori ed altri che magari non si vergognano per le loro azioni, a volte amorali e poco rispettose della democrazia, perchè indignarsi delle parole (non dette) di Lucia Riina?