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La pasticceria napoletana: tra tradizione e curiosità

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Hai mai pensato che la pasticceria napoletana è anche una specie di mappa del tempo? Beh, non è un caso che tra un dolce e l’altro, chi ama giocare online, magari su 20bet Italia, per gioco o passione, possa farsi travolgere da quel brivido che solo una tradizione antica sa dare. Ma torniamo a noi, al cuore pulsante della pasticceria partenopea…

Un tuffo nella storia

Arabi, spagnoli, francesi, e tanti altri hanno camminato sulle strade di Napoli, mescolando le loro tradizioni con quelle locali. E sì, è proprio vero che tanti dei dolci napoletani più famosi hanno radici “straniere”. Non è un caso che il loro sapore ci parli di viaggi lontani. La sfogliatella invece, la regina indiscussa di Napoli, nasce in un convento. Sembra quasi una torta di carta velina, così sottile che rischi di non accorgerti della sua consistenza croccante. Eppure, dietro questa meraviglia si nasconde una storia che affonda nel passato monastico. La leggenda vuole che nel 1700, le monache del convento di Santa Rosa, sul Vesuvio, abbiano avuto un’idea: creare una torta di pasta sfoglia ripiena di ricotta, semolino e zucchero. Semplice, no? Beh, proprio questa creazione è diventata un simbolo irrinunciabile della città, un dolce che, in men che non si dica, ha conquistato Napoli e il mondo. 

Dolci dai mondi lontani

Ogni angolo di Napoli sembra custodire un dolce che porta con sé il segreto di terre lontane. La pasticceria partenopea, si sa, è una meraviglia, ma non possiamo dimenticare che dietro alcune delle sue prelibatezze ci sono influenze che arrivano da mondi esotici, da tradizioni che non ci aspetteremmo mai. Chi lo avrebbe mai detto, per esempio, che i famosi “struffoli”, quei piccolissimi e croccanti dolci fritti ricoperti di miele e zuccherini, assomigliano incredibilmente a un dolce mediorientale? Eh già, non è un caso che somiglino tanto agli Atayef o ai Zalabia, dolci fritti tipici della cucina araba. La storia vuole che, tra un’incursione e l’altra, gli arabi abbiano portato con sé il segreto della frittura dorata, e chi può dirlo con certezza, magari qualcosa si è mescolato con i sapori locali, creando quello che oggi noi chiamiamo struffoli.

Vogliamo parlare dei “mustaccioli”? Un altro dolce che sembrerebbe essere tutto napoletano, ma che in realtà non può non richiamare alla mente i dolci spagnoli, come i turrones o le empanadas. La forma, il cioccolato fondente, quella morbidezza che scivola via sulla lingua… sembra quasi che l’influenza iberica sia passata di qui, lasciando una traccia indelebile.

E poi, beh, parliamo della “pastiera”, il re dei dolci napoletani. Ha molto in comune con i dolci della tradizione araba, come il basbousa o i dolci a base di semolino e mandorle. La pastiera nasce dall’unione di grano cotto, ricotta, uova e canditi. E se ci pensiamo bene, l’uso del grano, che nei secoli ha attraversato tutte le culture mediterranee, non può non farci venire in mente la tradizione dei dolci orientali, che mescolano grano, zucchero e frutta secca in combinazioni da sogno.

Non possiamo dimenticare la “delizia al limone”, quel dolce freschissimo che avvolge il palato come un abbraccio agrumato. Eppure, guardando bene, anche questa sembra una versione modernizzata di antichi dolci arabi a base di agrumi e zucchero, che un tempo venivano serviti come rimedio per il caldo afoso dei deserti.

Un altro dolce che non può mancare nel panorama napoletano è il babà. Un po’ di storia: questo dolce è stato portato a Napoli dai francesi, ma la città lo ha saputo “trasformare” a modo suo. Il babà, con la sua forma caratteristica e la sua irresistibile morbidezza, ha un’origine che fa sognare. Pare che un re polacco, Stanisław Leszczyński, esiliato a Nancy, durante un pranzo, abbia ricevuto un dolce troppo asciutto, che però il cuoco, con grande ingegno, ha inzuppato nel rum. Fu un colpo di genio! Il re adorò il dolce, e il babà, da quel momento, iniziò a conquistare tutta Europa, arrivando infine a Napoli dove è diventato tradizione.

Chi non ha mai sperimentato la sensazione di mangiare qualcosa che ti fa sentire come se fossi stato in viaggio, in un posto lontano, sotto un altro cielo?