“Uno Stato democratico non può permettersi il lusso di depenalizzare qualcosa che
fa male”. È così che Nicola Gratteri – Procuratore della Repubblica di Catanzaro
– dice No e liquida la proposta di legge di legalizzazione della cannabis sostenuta
da un inter gruppo parlamentare di duecentoventi deputati e senatori guidati dal
Radicale Benedetto Della Vedova e che sarà discussa il prossimo 25 luglio alla Camera.
Aggiungendo di essere “contrario anche alla vendita di sigarette, liquori e videopoker”.
Anche se legalizzata, secondo Gratteri, “i canali di vendita di contrabbando della
cannabis resterebbero in mano alla criminalità organizzata”, mentre, “se il costo
fosse troppo basso “potrebbe aumentare, e molto, l’area del consumo”.
Così, per Gratteri, dovremmo tornare agli anni Venti del Secolo passato quando Hall
Capone e i suoi gangster conducevano lucrosi affari proprio grazie al proibizionismo
sull’alcol. E (ri)dare alle organizzazioni criminali – come se non bastasse quello
della cannabis – anche il monopolio dell’alcol e del tabacco.
Ovviamente, la ‘ndrangheta – che col proibizionismo è sempre andata a nozze ed è
divenuta grazie ad esso una tra le sette organizzazioni criminali più potenti al
mondo – ringrazierebbe vivamente il dottor Gratteri. Gli affari crescerebbero ancora.
Quanto affermato Gratteri fa a cazzotti col buon senso e con quanto sostenuto dal
capo della Direzione Nazionale Antimafia, Franco Roberti nella “relazione annuale
(gennaio 2015) sulle attività svolte dal Procuratore Nazionale Antimafia e dalla
DNA …” inviata al parlamento a febbraio 2015.
Dopo aver spiegato che i dati relativi ai sequestri di cannabis (hashish, marijuana
e piante di cannabis) evidenziano “un picco che appare altamente dimostrativo della
sempre più capillare diffusione di questo stupefacente”, il procuratore nazionale
antimafia Franco Roberti afferma testualmente che: “di fronte a numeri come quelli
appena visti – e senza alcun pre-giudizio ideologico, proibizionista o anti-proibizionista
che sia – si ha il dovere di evidenziare a chi di dovere, che, oggettivamente, e
nonostante il massimo sforzo profuso dal sistema nel contrasto alla diffusione di
cannabinoidi, si deve registrare il totale fallimento dell’azione repressiva (e degli
effetti di quest’ultima sulla diffusione dello stupefacente in questione)”.
Aggiungendo che: “Oggi, con le risorse attuali, non è né pensabile né auspicabile
non solo impegnare ulteriori mezzi ed uomini sul fronte anti-droga inteso in senso
globale, … ma, neppure, tanto meno, è pensabile spostare risorse all’interno del
medesimo fronte, vale a dire dal contrasto delle (letali) droghe “pesanti” al contrasto
al traffico di droghe “leggere”. In tutta evidenza sarebbe un grottesco controsenso”.
Mentre in America, la legalizzazione operata nello Stato del Colorado sta dando i
suoi frutti in termini positivi sia dal punto di vista economico sia da quello della
lotta alla diffusione della sostanza che, da quando è stata legalizzata, non ne
è aumentato il consumo, in Italia è la Direzione Nazionale Antimafia che chiede
al Parlamento di “valutare se sia opportuno una depenalizzazione della materia tenendo
conto, da una parte, le modalità e le misure concretamente (e non astrattamente)
più idonee a garantire il diritto alla salute dei cittadini (specie dei minori)
e, dall’altra, le ricadute che la depenalizzazione avrebbe in termini di deflazione
del carico giudiziario, di liberazione di risorse disponibili delle Forze dell’ordine
e magistratura per il contrasto di altri fenomeni criminali e, infine, di prosciugamento
di un mercato che, almeno in parte, è di appannaggio di associazioni criminali agguerrite”.
Mafia, camorra e ‘ndrangheta si alimentano col proibizionismo. Più di recente, il
super Procuratore Antimafia Roberti – in un’intervista rilasciata alla Stampa – ha
spiegato che per battere davvero i talebani, che in Afganistan si finanziano con
le coltivazioni di papavero da oppio, occorre legalizzare le droghe leggere in Italia
(e nel resto del mondo). In pratica Roberti riconosce che la lotta al narcotraffico
si trascina stancamente e che la lotta la stanno vincendo i trafficanti. E che se
si vuole dare un colpo alle mafie in Italia e nel mondo bisogna togliere dalla illegalità
questo straordinario canale di finanziamento.
Ma a Gratteri mi permetto di ricordare ciò che sempre diceva Marco Pannella: “Se
tu vuoi vietare qualcosa che è così diffuso, capillare, sarà naturale che tu sia
destinato al fallimento e alla necessità di dover assumere comportamenti autoritari”.
Giuseppe Candido (AlmCalabria)