L’inquietante telefonata prima dell’avviso di garanzia: chi vuole silenziare Luigi Longo?
Il direttore di Approdo riceve una chiamata anonima due giorni prima di un provvedimento giudiziario poi smontato dalla Cassazione. Chi sapeva? E perché voleva metterlo a tacere?Mar 20, 2025 - redazione
Di Pasquale Motta (Direttore La Novità)
La libertà di stampa e il diritto all’informazione sono principi cardine di ogni democrazia. Tuttavia, quando un giornalista subisce intimidazioni e viene colpito da azioni giudiziarie che appaiono quantomeno dubbie, è necessario interrogarsi su quale sia il confine tra la legittima attività investigativa della magistratura e la possibilità che essa venga strumentalizzata per limitare il diritto di cronaca.
Questa è la vicenda che vede protagonista Luigi Longo, direttore del giornale online Approdo, il quale, nei giorni scorsi, ha denunciato una situazione che assume contorni inquietanti.
Tutto inizia il 5 novembre 2024, alle ore 11:26, quando Longo riceve una telefonata da un numero anonimo. L’interlocutore, con tono compiaciuto, gli pone una domanda sibillina:
“Direttore, perché non parla di una questione che la riguarda personalmente visto che lei ne ha per tutti?”
Alla richiesta di identificarsi, l’anonimo risponde:
“Il mio nome non è importante, si controlli gli altri siti.”
Apparentemente un messaggio senza senso, ma due giorni dopo, il 7 novembre, Longo riceve un avviso di garanzia da una procura del Centro-Nord. L’accusa? Presunti favoritismi nella gestione di un’istanza di fallimento risalente al 2016, ovvero otto anni prima.
Longo si dice stupito dalla contestazione e sottolinea come l’intera operazione sia stata effettuata alla luce del sole, con il consenso del giudice delegato e nell’interesse economico del creditore. Addirittura, la Corte di Cassazione ha già stabilito che non vi è alcun illecito in questa vicenda.
Ma il dettaglio più preoccupante è la sinistra coincidenza tra la telefonata e l’avviso di garanzia. Chi ha effettuato quella chiamata? Come faceva a sapere in anticipo di un provvedimento giudiziario ancora non notificato?
Longo ha deciso di non restare in silenzio. Il 22 dicembre 2024, ha sporto formale denuncia-querela ai Carabinieri di Taurianova, evidenziando il carattere intimidatorio della telefonata e ipotizzando un tentativo di pressione legato alla sua attività giornalistica. Nella querela, Longo sottolinea che la sua testata, Approdo, si è occupata di diverse inchieste scomode, in particolare sulla sanità calabrese e sulla giustizia.
Interrogativi inquietanti: chi è il regista di questa intimidazione?
A questo punto, una domanda si impone: chi ha fatto quella telefonata e con quale obiettivo?
Si tratta di un soggetto direttamente colpito dal lavoro giornalistico di Longo, oppure di un emissario, inviato da qualcuno con interessi più alti? Lo stesso direttore di Approdo si è posto questo interrogativo durante la sua intervista a StrettoWeb, arrivando a una riflessione drastica:
“Questa persona è un killer o è il mandante?”
L’uso di una terminologia così forte non è casuale. La telefonata non è stata un semplice atto di fastidio, ma un preciso tentativo di avvertimento, di intimidazione. E questo porta a domande ancora più urgenti:
• Qual era l’interesse di chi ha telefonato?
• È legato direttamente ai temi trattati da Longo nel suo lavoro d’inchiesta?
• Oppure è stato incaricato da qualcun altro, magari da chi ha visto i propri interessi minacciati dalle inchieste del giornalista?
L’elemento più grave di questa vicenda è che la telefonata anticipava un atto giudiziario riservato. Questo significa che qualcuno, all’interno delle istituzioni, ha violato il segreto d’ufficio per informare un soggetto terzo. E questo soggetto, invece di limitarsi a usare l’informazione per fini propri, ha deciso di trasformarla in un’arma di pressione contro Longo.
Siamo di fronte a un caso di abuso di potere? O peggio ancora, a una rete di complicità tra apparati dello Stato e poteri oscuri?
L’avviso di garanzia si è sgonfiato, ma la telefonata resta un mistero
C’è un altro dato che rende ancora più surreale questa vicenda. La giustizia, che avrebbe dovuto portare trasparenza, ha finito per evidenziare un’altra assurdità.
Infatti, la Cassazione è entrata nel merito dell’indagine e ha stabilito che il sequestro dei telefoni di Longo era illegittimo. Di fatto, ha smontato l’intero impianto accusatorio in fase preliminare. L’indagine, che già sembrava priva di fondamento, si è rivelata una bolla di sapone.
Ma se l’indagine era così fragile, allora perché Longo è stato messo nel mirino?
• Qualcuno ha sfruttato la magistratura per colpire un giornalista scomodo?
• Oppure l’avviso di garanzia è stato un pretesto per carpire informazioni dai suoi dispositivi telefonici e dalle sue comunicazioni?
• E perché il giornalista ha ricevuto quella telefonata proprio due giorni prima?
Le istituzioni devono dare risposte
Di fronte a questi interrogativi, le istituzioni non possono restare in silenzio.
C’è una denuncia-querela che segnala un fatto preciso: una minaccia. C’è una telefonata che dimostra un accesso illecito a informazioni riservate. C’è una magistratura che ha già riconosciuto l’inconsistenza delle accuse contro Longo.
Ora tocca alla Procura e alle forze dell’ordine fare luce su chi si nasconde dietro quella voce anonima.
• Chi sapeva dell’avviso di garanzia prima ancora che venisse notificato?
• Qual è la sua connessione con le inchieste giornalistiche di Longo?
• Quanto è profonda la rete di chi tenta di silenziare i giornalisti in Calabria?
Luigi Longo ha fatto il suo dovere: ha denunciato. Ora, tocca allo Stato dimostrare da che parte sta.