A pochi giorni dalla presentazione del pacchetto anticrisi, alcune riflessioni su cosa sarebbe giusto fare e cosa invece no
di BRUNO MORGANTE
Monti deve dire la verità e avere fiducia negli italiani
A pochi giorni dalla presentazione del pacchetto anticrisi, alcune riflessioni su cosa sarebbe giusto fare e cosa invece no
di Bruno Morgante
Il 5 Dicembre conosceremo il primo pacchetto di misure anticrisi che approverà il governo Monti.
Tutti i giornali in questi giorni, in assenza di anticipazioni, riempiono le pagine con ipotesi di misure più o meno condivisibili.
Queste ipotesi hanno un minimo comun denominatore: prevedono sempre maggiori entrate, siano esse formate da maggiori entrate nel sistema pensionistico, dall’aumento dell’IVA, da tasse sul patrimonio immobiliare, da lotta all’evasione fiscale, dalla revisione delle rendite catastali, da privatizzazioni e da alienazione di patrimonio pubblico.
Per carità tutte cose giuste.
Nessuno pone come priorità i tagli strutturali alla spesa corrente, quale prima misura per invertire veramente la rotta e risanare in modo permanente i conti pubblici e per reperire le risorse, insieme a quelle derivanti da maggiori entrate, per investire in infrastrutture e in azioni per favorire le imprese e l’occupazione.
Se una famiglia per anni spende più di quanto si guadagna, ricorrendo al credito bancario per coprire le maggiori spese, arriva il momento in cui non riesce a pagare nemmeno l’interesse sui debiti contratti e le banche non concedono più credito e chiedono il rientro dei finanziamenti concessi.
In questo caso il padre di famiglia per prima riunisce la famiglia, la rende edotta della situazione e propone tagli alle spese correnti, partendo da quelle meno necessarie, per arrivare a risparmiare qualcosa ogni anno per potere fare un piano da sottoporre alle banche per pagare i debiti.
Noi aspettiamo che il governo Monti lo faccia.
Monti sa che c’è sempre un problema di credibilità e di autorevolezza morale di chi chiede i sacrifici perché il popolo li accetti, oltre che di chiarezza degli obiettivi.
In questo senso la prima cosa da fare è mettere ordine all’interno della spesa corrente per il funzionamento dello stato, quale presupposto non solo di risparmi strutturali nelle uscite annuali, ma anche di riorganizzazione e modernizzazione della macchina burocratica.
Sono sotto gli occhi di tutti sprechi, privilegi, spese allegre, arroganza del potere di chi gestisce la cosa pubblica.
Ci sono riforme strutturali da fare e Monti ha oggi il potere per farli, perché il popolo è d’accordo e nessun partito si assumerebbe la responsabilità di far cadere il governo e di mandare il paese alla rovina per difendere spazi di privilegi e di dominio.
Prioritariamente bisogna:
– Procedere all’eliminazione delle province, all’accorpamento per aree territoriali omogenee degli uffici dei comuni, realizzando centri direzionali con il risultato di tagliare in modo sostanziale il numero di dipendenti comunali, di elevare la qualità dei servizi e del controllo del territorio, mantenendo i consigli comunali che verrebbero ricondotti al loro ruolo fondamentale di rappresentare i bisogni dei cittadini amministrati;
Tagliare i costi diretti della politica. I costi diretti attengono sia agli stipendi sempre più alti che i vari organismi elettivi si assegnano quale indennità di carica (presidenti, assessori e consiglieri regionali, presidenti, assessori e consiglieri provinciali, sindaci, assessori e consiglieri dei comuni di città o di grossi centri), sia agli stipendi faraonici di migliaia di politici trombati e nominati in consigli di amministrazione di società controllate dai comuni, dalle province, dalle regioni o dal governo. Mettere ordine e riportare le indennità al buon senso e al rispetto di chi si guadagna il pane lavorando, partendo dal presupposto che questi politici svolgono volontariamente un servizio pro tempore, per cui il reddito per mantenere la propria famiglia deve derivare dal lavoro che uno svolge al di fuori degli incarichi politici.
Tagliare i costi indiretti della politica:
Risparmiare ingenti risorse razionalizzando gli acquisti, dando quale riferimento per la congruità dei costi il migliore prezzo spuntato da una amministrazione in Italia e prevedendo pesanti sanzioni, fino alla decadenza, per gli amministratori poco attenti agli interessi pubblici e fino al licenziamento per i dipendenti. Ciò vale per i grossi acquisti, ma anche per l’acquisto dei beni di consumo, come le cartucce per le stampanti o le siringhe negli ospedali. Uguale attenzione va riservata al controllo sui consumi, magari impostando dei valori standard per tipologia di consumi;
Rivedere il sistema degli appalti, generalizzando l’appalto concorso, anche per gli appalti comunali, per i quali l’amministrazione comunale deve esaurire il proprio ruolo nell’evidenziare in un’idea progetto il bisogno dell’opera, il posizionamento sul territorio comunale, il collegamento funzionale ed architettonico con il resto del paese. Si avrebbe la certezza dei costi e dei tempi di realizzazione, minore clientelismo a spese del contribuente, minore occasioni di malgoverno.
Un intervento forte di questo tipo sul contenimento della spesa di funzionamento dello stato, tagliando sprechi e privilegi che offendono chi si guadagna il pane lavorando, oltre ad una lotta serrata all’evasione fiscale, dà sicuramente l’autorevolezza morale per chiedere ai cittadini di farsi carico, secondo le proprie possibilità, di aiutare il Paese a superare la difficile situazione che sta attraversando.
A questo punto, anche se non si può pretendere entusiasmo, saranno compresi ed accettati interventi equi sulle pensioni, sull’IVA, sui patrimoni immobiliari, compresa la prima casa, se si applicano aliquote progressive per la seconda, la terza casa e oltre e se si esentano dal pagamento i redditi bassi.
Il Presidente Monti ha usato tre parole che danno fiducia: rigore, equità, crescita.
La domanda che ci poniamo è se queste misure, insieme alle politiche attive per la crescita, quali alcune liberalizzazioni, il finanziamento della ricerca, la diminuzione del cuneo fiscale, oltre che necessarie siano sufficienti per tacitare i mercati e per scongiurare la recessione prevista per il prossimo anno, che ci costringerebbe a nuove manovre per coprire le minori entrate dovute alla mancata crescita.
Il nodo è l’alto debito pubblico e gli alti tassi di interesse, purtroppo crescenti, che dobbiamo garantire a chi compra i nostri titoli, alti tassi di interesse che, se si mantenessero per molto tempo, sarebbero insostenibili per la nostra economia.
Purtroppo la Germania non intende recedere dalla sua decisione di non contribuire alla costituzione di strumenti europei, dagli eurobond, alla decisione di dare alla BCE il ruolo di garante di ultima istanza dei debiti sovrani degli stati di Eurolandia, per cui l’Italia, che ha un debito pubblico enorme, è sola ad affrontare l’attacco dei mercati scatenati anche dalla sciagurata decisione della Cancelliera tedesca Angela Merkel di chiedere ai privati di farsi carico del 50% delle perdite del debito greco.
Una cosa che il Presidente Monti non deve mai accettare è il prestito del Fondo Monetario Internazionale, che servirebbe solo ad evitare le conseguenze disastrose anche per gli altri paesi di un fallimento dell’Italia, mentre metterebbe sotto sovranità limitata il nostro Paese per i prossimi venti anni, con libertà di shopping a basso costo nei confronti delle nostre banche e delle aziende a partecipazione statale quali ENEL, ENI, Finmeccanica, etc..
Lasceremmo ai nostri figli un paese molto più povero di adesso.
Probabilmente dobbiamo prendere coscienza che, per mantenerci un Paese libero e padrone del nostro futuro, invece di manovre continue per inseguire la recessione con avvitamento della situazione, c’è bisogno, oltre alle misure indicate, che restano necessarie, di una manovra di almeno seicento miliardi di euro da destinare all’abbattimento del debito e risolvere così il problema alla radice.
Siamo un Paese ricco, che sa trovare una grande forza morale nei momenti di maggiore pericolo.
Meglio una botta secca che soffrire per anni, mettendo in discussione l’avvenire dei nostri figli e pagando prezzi potenzialmente molto più alti di quelli che pagheremmo con un intervento deciso.
Si potrebbe ricorre ad un intervento di prestito forzoso diluito in tre anni sui redditi annui superiori a 30.000 euro con aliquote crescenti con l’aumentare del reddito e su parte degli utili delle imprese.
Sarebbero esentati dal prestito forzoso i redditi inferiori a 30.000 euro per non deprimere i consumi.
Il prestito potrebbe essere per venti anni ad un interesse del 4%.
I titoli di credito sarebbero scontabili presso le banche per garantire prestiti per il consumo o per investimenti.
Non sono un economista e tutte le riflessioni e le proposte partono da buon senso e da riflessioni sulla realtà che ci circonda per cui non si pretende di dire a Monti cosa deve fare, ma vogliono essere un messaggio di fiducia e di disponibilità a fare la propria parte.
Quello che chiediamo al Presidente Monti è di parlare con il linguaggio della verità, anche se dolorosa, di avere il coraggio di sottoporre al Parlamento la medicina per guarire e di non ricorrere a palliativi.
Mia madre diceva sempre che “u medicu piatusu faci a piaga purulenta”.
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