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Multiculturalismo e integralismo, binari vicini ma paralleli

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Editoriale di Maurizio Compagnone

Multiculturalismo e integralismo, binari vicini ma paralleli

Editoriale di Maurizio Compagnone

 

 

Negli anni ’70 sull’onda delle rivolte giovanili negli States si propagò la cultura del multiculturalismo non solo come status, quo ma sopratutto come consuetudine socio-antropologica.
Le TV colsero l’opportunità come una novità che avrebbe apportato un valore aggiunto ai palinsesti televisivi, così nelle varie soap-opera vennero scritturati tanti artisti “colored”, un successo mediatico che fu testimoniato anche dalla notevole richiesta di inserzioni pubblicitarie, le agenzie per gli spot dei loro clienti scritturavano solo comparse o attori “colored”, lo share delle principali catene televisive, ABC, NBC, FOX ecc. schizzarono alle stelle, gli spazi pubblicitari e le promozioni editoriali erano prese d’assalto dalle agenzie di marketing che rivendevano 60 secondi a bigliettoni verdi. Il nuovo fenomeno sociale che era appena nato aveva spiazzato anche i più attenti sociologi esperti di nuovi corsi sociali, mai avrebbero pensato che un colored avrebbe dato un notevole impulso all’economia, avevano sottovalutato quanto fosse importante per una comunità avere un loro rappresentante. Il messaggio subliminale celato nello spot, invogliava il consumatore ad emulare il proprio idolo. Il progetto marketing fu vincente, nella comunità di colore aumentarono quei prodotti sino ad allora appannaggio dei bianchi.
La promozione della diversità di per se aveva un suo fascino, ma nascondeva delle insidie in quanto era espressione di identità di gruppi multietnici diversi nazionali e tribali ma sopratutto religiosi e sessuali.
Il fenomeno nato come movimento giovanile stava degenerando, da fenomeno si era tramutato in ossessione, il colored rappresentava il business, nel mondo della celluloide, negli show televisivi, negli Spot venivano scritturati solo artisti di colore. Il movimento cavalcato dai grandi gruppi economici rischiava di condurre la società americana verso una società mononucleare, in cui la convivenza veniva meno e una escludeva l’altra.
Partendo da questa premessa che sintetizza la storia da cui trae origine il multiculturalismo possiamo proiettare il fenomeno ai giorni nostri, dall’esperienza americana si evince che un multiculturalismo prudente, è di gran lunga più tollerante dei due fenomeni che stanno creando da alcuni mesi aspri confronti nel nostro Paese.
L’errore sistemico che si commette, è quello di interpretare il multiculturalismo come una accettazione incondizionata di tutti i fenomeni socio culturali a prescindere dal loro contesto politico, religioso, spirituale, sociale e culturale.
La cultura espressa da altre etnie nel cinema, nei libri, nella musica, nella scienza è valida ma questo non significa che sia altrettanto valida per essere sovrapposta alla nostra cultura italica. Non vale il luogo comune che ciò che buono può essere omologato, non siamo un popolo privo di una scala di valori, prima viene la nostra storia culturale e a seguire le altre.
Il fenomeno degli anni ’70 in America ci ha enunciato la grave minaccia che trae origine dal multiculturalismo, ovvero la sua ombra grigia il “monoculturalismo” la cui perversione porta ad una società mononucleare, che ha nel suo DNA idee nazionaliste e integraliste pericolose per la convivenza tra cittadini di razze diverse. Nel nostro paese, da alcuni anni a causa di politici che hanno considerato il fenomeno migratorio come una risorsa ai fini del consenso elettorale, si sta sviluppando questa nuova forma di pensiero.
Il multiculturalismo incarna l’espressione positiva del monoculturalismo. Principale nemico del multiculturalismo è il nazionalismo che mostra ostilità verso ogni altra razza, cultura e culto.
Il grande pregio del multiculturalismo sottovalutato da più parti, è la consapevolezza della coesistenza di molteplici culture e razze in una società multietnica.
Non si è capito che culture diverse possono essere una risorsa preziosa per l’economia del Paese.
Ogni cultura presente contribuisce ad arricchire il nostro Paese, ma ciò non implica che dobbiamo accettarla senza spirito critico.
L’Italia ha una sua legislazione e chiunque calpesti il nostro suolo deve rispettare pedissequamente in quanto membri della stessa comunità.
Purtroppo il post-multiculturaliasmo si sta radicando nella nostra società che si trova ad affrontare una grave emergenza sociale, che sta facendo emergere complessi problemi di convivenza.
Nonostante gli immigrati lavorino, e sono indispensabili al PIL del nostro Paese, non hanno alcuna intenzione di prendere parte nella nostra cultura, nella vita sociale e questo provoca un problema reale, non solo perchè dispensiamo loro le stesse prestazioni che vengono assicurate al resto della società, (sanità, scuola, servizi, ecc. ecc.), ma anche perchè la nostra legislazione non ha gli strumenti adatti alla loro integrazione nella nostra comunità, così che abbiano gli stessi diritti e doveri degli altri cittadini.
La sperimentazione di insegnare loro la lingua, la storia del nostro paese, le abitudini, le consuetudini non hanno sortito l’effetto prefigurato.
Non dobbiamo sottovalutare che alcuni immigrati sopratutto mussulmani, provengono da aree di crisi che incoraggiano apertamente una posizione anti occidentale.
Come possiamo quindi sperare che possano sposare la nostra cultura? L’Europa è nelle condizioni di ospitare milioni di extracomunitari? Nessuno si espone a dare risposte per non essere tacciato da razzista o peggio fascista.
Se con urgenza non prendiamo come Europa prima e poi come Italia dei provvedimenti rischiamo di andare ad uno scontro di civiltà.
Le differenze culturali ormai sono lapalissiane e possono senza correttivi trasformarsi in ostilità incondizionata.
Quale è il range della tolleranza? Dobbiamo considerarli concittadini pur non rispettando le nostre leggi o sarebbe meglio guardare alla nostra storia, alle nostre radici, ai nostri simboli, alle nostre tradizioni? Un quesito che non trova risposta.
È difficile trovare consenso con gli altri se prima non siamo a nostro agio con noi stessi e da questo trae origine il post-multiculturalismo in quanto non troviamo soluzioni al nostro disagio, ancor meno i nostri governanti.

Tutti i metodi applicati nel passato sono apparsi carenti, la concezione di un mondo fatto di “noi e altri”, neppure la contrapposizione politica rossi e neri, o del uomo bianco o di colore come razza dominante ha dato risultati.
Il multiculturalismo è stata la misura raziocinante dell’animale bipede di risolvere questa forma di disagio.
La società moderna presa da altri interessi, sta sottovalutando il problema, e se non si interviene presto rischia di esplodere in tutta la sua virulenza, o decidiamo che gli altri esistono con tutte le conseguenze di convivenza, o sbarriamo loro il passo fisicamente e culturalmente con tutte le conseguenze che ne derivano, uno scontro interreligioso cattolici contro mussulmani.
La strada che ci fa uscire dal tunnel è davanti ai nostri occhi, riaprire il dialogo con la chiesa ortodossa, solo così l’Europa ne uscirà indenne senza le ossa rotte.

Maurizio Compagnone
Opinionista de “La Gazzetta italo brasiliana”
Segretario Organizzativo dei Popolari Glocalizzati