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ReggioNonTace riflette su quanto accaduto a Platì

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E non sapete voi che il soffrire per la giustizia è il nostro vincere? E se non sapete questo, che cosa predicate? di che siete maestro? qual è la buona nuova che annunziate a’ poveri? Chi pretende da voi che vinciate la forza con la forza? Certo non vi sarà domandato, un giorno, se abbiate saputo fare stare a dovere i potenti; che a questo non vi fu dato né missione, né modo. Ma vi sarà ben domandato se avrete adoprati i mezzi ch’erano in vostra mano per far ciò che v’era prescritto, anche quando avessero la temerità di proibirvelo.”

Cominciare con una citazione può a volte disorientare, perché si potrebbe cercare in essa la sintesi di ciò che si vuole argomentare. Alla fine del capitolo 25 e per metà del 26 dei Promessi Sposi, Manzoni narra del rimprovero del cardinale Federigo verso don Abbondio responsabile del mancato matrimonio tra Lucia e Renzo. Qui trattiamo di un episodio, avvenuto nella nostra terra dove opera la ‘ndrangheta lo scorso 22 ottobre, che apparentemente sembra antitetico a ciò che accadde nei luoghi di “quel ramo del lago di Como”.

L’episodio è avvenuto a Platì (Rc): il Questore di Reggio Calabria emette un’ordinanza che impedisce la celebrazione pubblica del funerale di un esponente di spicco della ‘ndrangheta locale; il parroco non solo officia un rito davanti a tutto il paese, ma addirittura scrive un ricorso contro l’ordinanza, sostenendo che in questo caso veniva “infranto il principio di non ingerenza tra Stato e Chiesa”.

Quando all’adorazione del Signore si sostituisce l’adorazione del denaro, si apre la strada al peccato, all’interesse personale e alla sopraffazione; quando non si adora Dio, il Signore, si diventa adoratori del male, come lo sono coloro i quali vivono di malaffare e di violenza.(…) La ’ndrangheta è questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato! Bisogna dirgli di no! (…) Coloro che nella loro vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati!

Queste parole pronunciate da Papa Francesco a Sibari, il 21 giugno 2014, segnano un punto di non ritorno: riascoltandole ci accorgiamo in modo inequivocabile che non è permesso il minimo spazio a dubbi, tentennamenti, interpretazioni e giustificazioni con i se e i ma cui siamo soliti quando non vogliamo aprire gli occhi!

Celebrare un rito pubblico, appellandosi ad un principio sancito dalla Costituzione, a dispetto della scomunica del papa e dell’ordinanza del Questore non ha propriamente ragione di essere! Perché in ogni caso non c’è ingerenza vicendevole, anzi c’è una visione comune!
Che cosa può generare nei cuori dei giovani la presa di posizione del parroco? Che segnale dà lui stesso alla società civile in un luogo ‘feudo’ della criminalità, invitando a partecipare in modo massiccio ai funerali di chi è riconosciuto da tutti come boss ‘ndranghetista? Che tipo di lettura della realtà si può trarre dall’episodio di Platì?

Quando si genera confusione, quando si minaccia la speranza del cambiamento, quando ci si schiera dalla parte dei più forti che commettono il male, lì si intacca la convivenza pacificata, si sgretola il senso di giustizia, si annulla il bene comune!

Noi del Movimento ReggioNonTace non chiediamo sanzioni, condanne, perché quello spetta alle istituzioni civili e religiose. Chiediamo che coloro che vengono chiamati a ricoprire incarichi che ricadono sulla collettività e sul bene di tutti non scendano a patti mai con chi vive di malaffare, di violenza, di pratica dell’ingiustizia. Chiediamo ad amministratori, dirigenti dei vari settori pubblici, docenti, sacerdoti e tutte le categorie di professionisti impiegati per la cura del bene comune che non dimentichino mai che il loro ruolo deve assumere sempre più il carattere di servizio e testimonianza, mettendo anche a rischio la propria vita, piuttosto che salvaguardare interessi personali o di piccolo gruppo di potere, fondati sull’accumulo di ogni tipo di ricchezza materiale.

Un esempio di questi giorni di servizio al bene più alto è quello di mons. Oliva, vescovo di Locri, che ha detto “NO” a soldi che avrebbero potuto rafforzare il potere della criminalità organizzata.
E’ questo agire che dà speranza perché è solo prendendo le distanze da chi opera il male che avremo la possibilità di indicare alle generazioni future il vero cambiamento anche dentro una situazione malata come quella presente nella nostra realtà calabrese.

Il movimento ReggioNonTace