di Domenico Caruso
La rivista storico-culturale “Calabria Letteraria”, fondata nel 1952 del prof. Emilio Frangella, dopo una sofferta pausa di lavoro ha ripreso le pubblicazioni. Il nuovo progetto, nato dalla tenace dedizione del direttore responsabile prof. Franco Del Buono, è stato presentato a Paola alla fine del novembre 2016. La veste grafica e l’impaginazione, più moderne, sono state affidate all’editore delegato la “Città del Sole” di Reggio Calabria. Con periodicità trimestrale, la rivista viene distribuita nelle librerie e nelle edicole calabresi. La diffusione nazionale è stata assegnata alle città di Firenze e di Torino.
Nella prima uscita di ottobre-dicembre 2016 (n. 249/253) il nostro collaboratore Domenico Caruso da S. Martino ha tre contributi, per complessive undici pagine. In particolare “La calunnia è un venticello…” fa riferimento alla nona bolgia infernale, nella quale i corpi dei seminatori di discordie vengono tagliati e mutilati nel continuo passare davanti al demonio. Seguono i bugiardi e gli spergiuri che vengono torturati e tormentati da forti febbri. La parola “menzogna”, si rileva, ha nel suo interno una notevole gradualità semantica. Alcuni aneddoti, come la “Verità nuda in fondo al pozzo” e quello narrato da S. Filippo Neri, dimostrano che è indispensabile usare la prudenza nel giudicare.
S. Agostino sostiene che “la menzogna è l’affermazione del falso con l’intenzione volontaria d’ingannare”. Un ironico quadretto sulla calunnia è riportato magistralmente, in dialetto romanesco, dal poeta crepuscolare Trilussa nella composizione “Li rospi contro l’aquila”. Infine, Rossini, ne “Il barbiere di Siviglia”, con “La calunnia è un venticello” invita ad una seria riflessione. Nel servizio “Libertà va cercando…”, all’incontro di Dante con Catone nel Purgatorio, Virgilio asserisce che il poeta è in cerca della libertà di spirito, come sa colui che per quell’amore rinuncia alla vita.
La libertà è l’espressione della dignità personale, un bene che non si può comprare ad alcun prezzo. Alla “Libertà” i Romani avevano innalzato due templi, nel Foro e nell’Aventino. In Europa il simbolo religioso divenne civile, fino allo scoppio della Rivoluzione francese. Nell’opera di Esiodo (VIII sec. a.C.) la lotta fra l’usignolo e lo sparviero rimane drammaticamente sospesa e affidata ai regnanti di dubbia giustizia. Il messaggio cristiano è legato in modo indissolubile alla libertà. Nella Bibbia Dio rinuncia alla sua onnipotenza e concede ad Adamo la libertà di scelta. La fermezza di noi calabresi nella responsabilità delle proprie azioni solitamente viene scambiata per ostinazione.
Nell’ultimo servizio “Il giudizio dopo la morte” (che ancora continua), per l’evento dell’escatologia cattolica riguardante la sentenza particolare, è simbolica la parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro. Allo stesso tema è legato l’esempio dei talenti: Dio non penalizza nessuno nella distribuzione dei suoi beni ed attende con pazienza i risultati dell’investimento. In un’edificante leggenda cinese il discepolo domanda al Veggente la differenza tra il cielo e l’inferno. Il Maestro risponde che è molto piccola e con grandi conseguenze.
Vide un grande monte di riso cotto e intorno molti uomini affamati e moribondi che non potevano avvicinarsi. Possedevano lunghi mestoli e non riuscivano a portare il cibo alla bocca. Era l’inferno. Vide un altro monte di riso preparato con altri numerosi uomini affamati ma pieni di vitalità, anch’essi muniti di lunghi paletti. Ma con questi arnesi invece di portarseli alla bocca si servivano il riso l’un l’altro. Uniti e solidali, godendo della bontà degli uomini e delle cose. E questo era il cielo.Non manca l’apporto della parapsicologia.
Dante, nella sua opera post-mortem “Dalla Terra al Cielo” invita a fuggire il peccato ed a risvegliare l’interno amore per non divenire preda del Maligno:
«O popol che t’appresti al grande passo
per superar la soglia della morte
non cadere nel tragico collasso
de li peccata e fa che tu sia forte:
vicin ti guata il demone maligno
perché diventi sua la tua mal sorte,
fuggi quindi l’invito e quinci il ghigno
acciocché tu possa salir festoso
nel Regno di Colui giusto e benigno».