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Rubare per necessità non è reato

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Rubare per fame non è reato. A sancirlo è la quinta sezione penale della Suprema
corte della Cassazione oggi lunedì 2 maggio con la sentenza 18248/16 che ha accolto
il ricorso del procuratore generale della Repubblica, annullando completamente la
condanna per furto inflitta dalla Corte di Appello di Genova a un giovane straniero
senza fissa dimora, affermando che non è punibile chi, spinto dal bisogno, ruba
al supermercato piccole quantità di cibo per “far fronte” alla “imprescindibile
esigenza di alimentarsi”. Un furto di sicuro modesto valore se si considera che
era rivolto a generi alimentari per il valore di 4 euro. La contestata recidiva non
sarebbe inoltre, nel caso in esame, secondo il procuratore, un buon motivo per negare
l’applicazione dell’articolo 131 bis Cp, vale a dire la non punibilità per particolare
tenuità del fatto. Entrando nel dettaglio della vicenda si può dire che il cittadino
straniero si era presentato alla cassa di un supermercato presentando solo un pacco
di grissini, ma nella giacca aveva nascosto due porzioni di formaggio e una confezione
di wurstel, notati da un altro cliente. Un furto scaturito, secondo la Suprema corte
«per far fronte ad un’immediata ed imprescindibile esigenza di alimentarsi agendo
quindi in stato di necessità». Con questo verdetto la Suprema Corte ha quindi giudicato
legittimo non punire un furto per fame del valore di 4 euro per wurstel e formaggio.
La sentenza, commenta Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti
[1]”, non solo ha tenuto in seria considerazione lo stato di bisogno che a volte
induce le persone a rubare per sopravvivere ma anche caratterizza per la linearità
dal punto di vista giuridico. Il furto, infatti, è stato commesso su cose di tenue
valore per provvedere all’urgente bisogno di mangiare. Non è invece dato sapere,
per il momento, quanto sia costato allo Stato italiano il procedimento giudiziario
arrivato fino al terzo, e ultimo, grado di giudizio.